Civismo, una strategia da chiarire
12 Giugno 2022Qs Ranking, l’ateneo di Siena scivola giù
12 Giugno 2022di Germana Marchese
Era il 2019 quando consegnavo parte di alcune riflessioni al blog, nel bel mezzo di una lunga crisi cittadina. Di infarti psichici ne avevamo già vissuti, cicatrici ancora aperte, mai sanate con chirurgica consapevolezza. Inutile ripetere la lista. La fragilità delle istituzioni accresceva un sentimento di impotenza.
La società si sfarinava a vista d’occhio, la tossicità della competizione non consentiva spiragli di guarigione. Eppure l’antidoto contro lo smarrimento era lì, a portata di mano, era nella grande sfida speculativa, nello sforzo di puntare in alto. Abbiamo scelto l’effetto narcotizzante della retorica.
Bisognava trovare il coraggio e l’umiltà di reagire, potenziando gli anticorpi, partendo dalla disincantata rilettura del passato, attraverso una fase critica, disintossicante che ci avrebbe certamente aperto una strada. Avrebbe scongiurato la chiusura in una dimensione statica, provinciale, apparentemente a-problematica, quella del cavallino rampante, dell’illusione retrospettiva di una grandezza che tragicamente si profilava al tramonto. Anacronismo appunto. Era così ovunque, perché mai Siena avrebbe dovuto scamparla? I modelli erano cambiati, i giovani sfuggivano dall’ossessione del politically correct, ne sperimentavano l’effetto perverso, sia a destra sia a sinistra, discriminatorio, marginalizzante. La cattiva politica aveva irrimediabilmente comportato il regresso dei loro diritti sociali ed economici. Bastava leggere i processi. Dalla non partecipazione alla fuga, dal rigetto alla violenza gratuita. Il disagio giovanile sedimentava da tempo. Giovani e meno giovani erano già lontani, irraggiungibili.
Nonostante ciò, abbiamo scelto la strada in discesa nella direzione sbagliata. Nel paradosso della velocita’, inchiodati agli errori del passato, siamo saliti con la psiche sulle lamborghini e sulle ferrari mentre giravamo da un pezzo come criceti sulle ruote panoramiche e sui trenini elettrici. L’attenzione all’effimero, al traguardo irreale, pretenzioso, noi come il Louvre, addirittura! Invece di pacificare, ritessere un tessuto già slabrato, abbiamo assistito a continui pretesti di conflitto, microaggressioni sistematiche anche nel modello comunicativo, nella gestione dei rapporti tra istituzioni. Così tra una guerra giusta e una sbagliata, tra un annuncio e la sua smentita, tra un brindisi e l’altro, il sogno infranto di una sfilata sulle scale del Duomo e di matrimoni nell’entrone, veniva distolta l’attenzione dai problemi reali. Si consumava la separazione tra città e territorio, tra generazioni, tra amici e nemici. Nel frattempo, dei “Private Citizens” che ne era? Dal talentuoso, giovanissimo novellista Tulathimutte oltre al titolo, una plausibile risposta in un passaggio in prestito: “apprendendo qualsiasi fatto… ogni volta che succedeva qualcosa … la conversazione su ciò era già tendenza, il contraccolpo era stato riesaminato, ingoiato, ricagato, inghiottito in mille posti online, fin quando tutto il pensiero si sentiva ridondante”. La stampa ha fatto il suo lavoro, i social lo stesso ma ogni “privato” cittadino è rimasto solitario forse anche nel senso di mutilato – come qualcuno ha osservato – della propria legittima aspettativa: partecipare alla decodifica di una realtà sempre più complessa, ridisegnarla, ricostruirla o almeno sperare di poterlo fare. Ma se la narrazione non coincide con la realtà, tutto resta novella appunto.