
Piancastagnaio: per il 25 aprile il comune ha organizzato un incontro pubblico con politici e storici sul tema “Il 25 Aprile nella tempesta del presente”
4 Maggio 2025
Una giornata intensa di emozioni, riflessioni e comunità a Piancastagnaio
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Giuseppe Sani
PIANCASTAGNAIO
Il dibattito Amiata terra di fantini, che si è tenuto venerdì pomeriggio nella saletta comunale a Piancastagnaio, non ha solo messo insieme alcuni protagonisti del Palio originari della montagna, ma ha anche fornito l’occasione per ufficializzare il progetto di 12 box per cavalli che verranno realizzati nell’area adiacente al parco tematico equestre pianese. E’ stato il sindaco Franco Capocchi a dare la notizia. Tornando all’incontro hanno partecipato Diego Minucci, nato a Como ma subito giunto a Castel del Piano, Massimo Alessandri detto Bazzino, figlio di Eletto detto Bazza da Arcidosso, Stefano Bernardini detto Olinto da Castel del Piano, Renato Gigliotti detto Davide originario di Seggiano e Luca Lombardi detto Schizzo di Piancastagnaio. Erano presenti molti rappresentanti del mondo contradaiolo e le risposte fornite dai fantini hanno suscitato più volte applausi a scena aperta e sorrisi compiaciuti.
Su cosa prova un fantino a vedere gli altri correre, Bazzino si è affrettato a chiarire: “Non è una bella cosa osservare gli altri vincere. Per chi è fuori è sempre triste. Quella del fantino è una bella avventura: io ho corso 26 volte in piazza del Campo e ho vinto due volte, nel Valdimontone e nella Chiocciola”. Sull’emozione prima della corsa. Olinto ha garantito: “Quando si corre, è un impegno di concentrazione, non si sente il pathos. La paura c’è nel momento in cui sali a cavallo perchè, dopo, la testa deve lavorare, sei impegnato, è una cosa naturale. Una mossa che dura un’ora è un’infinità per lo spettatore ma chi è a cavallo nemmeno se ne accorge”. Per Davide “Le emozioni ed i pensieri particolari vengono prima dell’avvenimento perchè la corsa è un attimo e devi essere pronto”. Schizzo ha concluso: “Viene tutto lì per lì. E’ istintivo, non c’è un momento particolare da ricordare. Fare il fantino è faticoso ma è una bella esperienza”.
Cokme matura la decisione di diventare fantini? “Io sono figlio di un grande fantino – dice Bazzino – e mi ricordo che quando avevo 9 anni vedevo mio padre ritornare dall’allenamento. Passava sotto le finestre di casa per andare alla stalla e sognavo di fare questa professione. Sono contento di esserci riuscito. Mio fratello, ad esempio, non lo ha mai desiderato. Quando mio padre mi mise a cavallo la prima volta, è stato entusiasmante”. Gigliotti invece ha confessaro: “Lo sono diventato per caso perchè ho comprato un cavallo, Marta, che andava fortissimo, così mi sono adattato a fare il fantino”. Ma c’è rivalità tra questi personaggi? “Nel momento della corsa – secondo Schizzo – è normale. Dopo da parte mia finisce tutto”. Alessandri ha rilanciato: “Io ho corso tre o quattro palii contro il mio babbo Bazza, ma non ci siamo mai trovati l’uno contro l’altro. Se fosse successo, una nerbata ci sarebbe stata”.
Di certo qualche sassolino da togliersi dalla scarpa c’è… “Quelli piccoli no – ha riso Bazzino – semmai grossi. Meriti o demeriti sono tutti miei. Io, se mi posso prendere un merito tutto mio, è che quello che ho fatto l’ho fatto sempre da solo, non ho particolari recriminazioni, sono soddisfatto della mia carriera”. Più caustico Gigliotti: “Io ne avrei avuti, ma quando passa troppo tempo matura tutto, e miei sassolini si sono sciolti”. “Io invece – ha concluso Schizzo – di sassolini me ne sono levati anche troppi”.
Prima sull’Amiata c’erano diverse scuderie e oggi sono scomparse. Perchè? “Il mondo è cambiato – ha spiegato Davide. – E’ diverso, non ci sono più le corse: prima eravamo sempre in pista, adesso per organizzarle ci vogliono mille permessi. Questo ha provocato la scomparsa delle scuderie amiatine. Diego Minucci? Ha tutte le carte in regola per fare il fantino, gli manca qualche birbanteria”. Schizzo ha smorzato un po’ i toni: “Io sono convinto che se faranno i box per i cavalli a Piancastagnaio, ne arriveranno tanti perchè i pianesi sono costretti a portarli fuori paese. Ho sempre vissuto il dopo Palio tranquillamente perchè mi diverto a correre, mi piace l’atmosfera e ho passato inverni caldi e tranquilli”.
L’emozione poi ha preso il sopravvento nel momento del ricordo di Giampiero Giorgeschi detto Sorriso, prematuramente scomparso, e Daniele Sbrolli, ex capitano della contrada di Castello, ha ricordato che i cavalli, in occasione del suo funerale, iniziarono a nitrire come se si rendessero conto della sua scomparsa. “Sono stato amico di Sorriso – ha detto Bazzino – e anche quando era ammalato e aveva un cavallo potentissimo, mi pare si chiamasse Potentilla, l’ho accompagnato alle corse e mi sono divertito con lui. Era un tipo simpatico, nel mondo dei cavalli non aveva avuto successi strepitosi ma mi manca”. “Io ricordo – ha detto Olinto – che nel 1985 al palio di Castel del Piano ci toccò in sorte Sorriso con il cavallo Polacco e lui da dietro all’ultimo giro passò e vinse un gran palio”. “Sorriso era una persona alla mano – secondo Gigliotti – e quando nel 1982 comprai il cavallo Marta lo affidai a lui. Poi iniziai a montarlo io e nel 1983 comprammo Lovelock apposta per lui”. “Io ho cominciato a correre con Sorriso – conclude Schizzo – è stato uno di noi ma aveva molta più passione di noi”.
Infine le curiosità sui soprannomi. Quando qualcuno del pubblico ha suggerito di darne uno al giovane Diego Minucci, all’unisono i fantini hanno detto che solo a Siena si possono dare. “La mattina alle 11, al momento della segnatura viene dato il soprannome – ha detto Bazzino – e questo non si cambia più. Il Palio di Siena dà un timbro e questo succede solo lì. Ovviamente il mio è scontato, essendo figlio del grande Bazza”. “Il mio – ha affermato Olinto – mi è stato dato quando ho corso nel Leocorno, in ricordo di un calzolaio che abitava in un vicolo della Contrada”. “Il mio invece – conclude Gigliotti – lo pensò un contradaiolo perchè vicino alla stalla c’era una cassa di bibite della marca Davide Campari e la gente beveva a più non posso. Questo mi dava fastidio così la presi e la portai dentro alla stalla, dove ovviamente non poteva entrare la gente. C’era chi mi voleva chiamare Davidino, ma poi scelsero Davide”.