di Leonardo Pini
A Firenze quasi una vertenza sindacale su due riguarda il settore del turismo. Delle 527 pratiche aperte nel capoluogo toscano, poco più di 250 provengono dal comparto considerato la gallina dalle uova d’oro della città. A dirlo è la Filcams, il sindacato che organizza i lavoratori del commercio, del turismo e dei servizi. «Se prendiamo il turismo in senso ampio, ovvero a cui partecipano le strutture ricettive, i pubblici esercizi e quelli commerciali – spiega Maurizio Magi, segretario generale della Filcams fiorentina – Nel consuntivo del 2022 abbiamo avuto, solo come Filcams, 335 vertenze sulle 527 totali del comune di Firenze. Diqueste 335, il 75- 80% è legata a quel comparto » . Vertenze che riguardano il lavoro a cottimo, gli appalti illeciti, le procedure di trasformazione d’azienda e i finti contratti a chiamata «che pullulano e nel quale il datore di lavoro ti utilizza come se ci fosse in essere un altro tipo di contratto » , spiega Magi.
Numeri che svelano l’altra faccia della luna di un settore ricco, ma in cui la mancata redistribuzione di questo patrimonio preoccupa i sindacati: «Sui 57 miliardi complessivi prodotti sul territorio nazionale, Firenze contribuisce con 2.8 miliardi. Quanti di questi vanno alla rendita? Quanti al capitale, cioè a chi gestisce la rendita? E quanti ne tocca al lavoro? Denunciamo – continua Magi – che questa produzione di ricchezza non viene redistribuita sul lavoro, a cui toccano le briciole. A dicembre, i contratti collettivi del turismo saranno cinque anni che sono scaduti, quelli del commercio quattro e quelli dei pubblici esercizi solo, si fa per dire, da due anni. Quindi i salari sono fermi a cinque, quattro e due anni fa » . Sul trattamento economico minimo (Tem), i facchini di un hotel o i baristi di un esercizio pubblico, stando ai contratti collettivi di lavoro nazionale a disposizione della Filcams, prendono rispettivamente 8,16 euro l’ora e 8,51 euro l’ora. Meno dei 9 euro lordi inseriti all’interno della proposta sul salario minimo delle opposizioni, esclusa Italia Viva, che è stata oggetto di dibattito nelle ultime settimane.
Eppure, stando a uno studio commissionato da Confesercenti al Centro Studi Turistici ( Cst) che prende in analisi il weekend ancora in corso, la stagione, in Toscana, non sta andando affatto male. La saturazione delle strutture ricettive nelle località balneari è pari al 93%, nelle aree rurali e di collina all’89%, nelle località di montagna all’ 82%, nelle città d’arte all’ 82% e nelle località termali al 79%. È vero che nei giorni feriali esiste un rallentamento e che le città d’arte hanno subito una lieve flessione se comparate allo stesso fine settimana del 2022, ma nelcomplesso la regione, sempre secondo uno studio del Cst, ha previsto una crescita del 4.7% nel numero di turisti in arrivo e un aumento dei pernottamenti del 4.3. Numeri in crescita nonostante l’inflazione che, secondo l’Istituto Demoskopika, renderà, però, molto più care anche le vacanze di turisti italiani e stranieri nella regione. Un aumento, rispetto alla stagione 2022, pari a 595 milioni di euro e che posiziona la Toscana in cima a questa classifica. Mentre, se si considera l’aumento percentuale ( 9.1%), alla regione del Pegaso tocca il gradino più basso del podio, dietro a Lombardia ( 9.2%) e Lazio (9.5%).
Allo stesso tempo, i toscani, in vista dell’esodo agostano, sembrano scoraggiati dalle partenze. Rispondendo a un sondaggio della Coldiretti regionale, infatti, il 21%, quasi uno su quattro, « non ci andrà sicuramente. Le ragioni sono prevalentemente economiche: l’onda lunga dell’inflazione ha “logorato” i conti dei cittadini non risparmiando nemmeno le vacanze che a giugno fanno registrare ancora un marcato aumento secondo l’Istat (+ 17,7%). Un anno fa la situazione era completamente diversa (- 4,5%) » , si legge nella nota di Coldiretti.