Oltre alle spese militari nazionali, la stessa Unione Europea ha aumentato esponenzialmente il proprio bilancio in armamenti in pochi anni. Mentre i Trattati europei per lungo tempo hanno escluso l’uso del bilancio comunitario per attività di questo tipo, oggi l’UE destina almeno il 2% del suo bilancio a scopi militari. A parte gli aiuti militari all’Ucraina, si tratta principalmente di finanziare l’industria degli armamenti attraverso il Fondo europeo per la difesa (EDF) o il Fondo per le nuove munizioni (ASAP), ma anche attraverso l’accesso facilitato alla maggior parte dei fondi strutturali europei, Erasmus+ per rendere il settore più attraente per i giovani laureati, o il programma ambientale LIFE per sviluppare armi “verdi”. Il fatto che il Fondo EDF e l’ASAP si basino sulla competenza dell’UE in materia industriale, e siano guidati dal Commissario responsabile del mercato interno e dell’industria, illustra già la logica sottostante: si tratta innanzitutto di sovvenzioni per sostenere la competitività dell’industria militare europea, anche a livello internazionale. Cioè, sostenere le esportazioni di armi che poi alimentano la corsa agli armamenti globale e i conflitti in tutto il mondo. Non sorprende, quindi, che solo 4 Paesi ricevano quasi i 2/3 del budget stanziato finora dal Fondo per la Difesa: Francia, Italia, Spagna e Germania, ovvero le 4 principali potenze militari dell’Ue e i maggiori esportatori di armi al mondo.
Eppure, l’aumento delle spese militari e il commercio globale di armi hanno un impatto diretto sulla pace. Un recente studio empirico ha confermato che sia la spesa militare che le esportazioni/importazioni di armi influenzano il coinvolgimento degli Stati nei conflitti armati: l’aumento della spesa militare o delle esportazioni/ importazioni di armi di uno Stato aumenta la probabilità che questo Stato sia coinvolto in uno o più conflitti armati. Inoltre, più alta è la spesa militare di un Paese, più alte tendono ad essere le sue esportazioni e/o importazioni di armi. (…)
E a beneficiare in modo tangibile del drastico aumento della spesa militare europea sono soprattutto le industrie belliche. (…) L’industria degli armamenti ha approfittato dello shock generato dall’invasione russa per posizionarsi, contro ogni evidenza, come attore indispensabile, “sostenibile” e “pacificatore”, alimentando ancora di più la corsa agli armamenti e il ciclo economico militare. Dal punto di vista politico, ciò si riflette anche in un nuovo preoccupante sviluppo della narrazione nell’ambito dell’Unione Europea, che era già passata dallo “sviluppo per la sicurezza” alla “sicurezza per lo sviluppo”: oggi,la sicurezza si limita alla difesa e “la difesa inizia con l’industria”.
Estratto da “Economia a mano armata 2024” (Sbilanciamoci! e Greenpeace)