Io, fantino dei record
1 Settembre 2022News, press
2 Settembre 2022Da: Sto alla porta di Carlo Maria Martini L’insieme di tali sentimenti caratterizza l’atteggiamento su cui il Nuovo Testamento sovente ritorna: il vigilare. E’ il modo di porsi di una Chiesa che non vive concentrata su di sé e neppure soltanto sul suo presente, bensì sul Signore e su ciò che Egli prepara per il futuro dell’umanità. Con l’immagine del Signore che sta alla porta (vedremo in seguito come l’immagine sia polivalente e suggerisca una vasta gamma di significati) intendo concludere il ciclo dei programmi pastorali di questi anni dedicati rispettivamente all’educare (1987-1990), al comunicare (1990-1992) e ora al vigilare. [2] L’ultimo insegnamento pubblico di Gesù, secondo il vangelo di Luca, è un’ammonizione a vigilare: “Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21,36). Lo stesso discorso, nella versione di Marco, si conclude così: “State attenti vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso.. Vigilate dunque… Quello che dico a voi lo dico a tutti: ‘Vegliate!”‘ (Mc 13,33-37; cf Mt 24,42-51; 25,1-13). E prima di essere arrestato, Gesù esorta i discepoli dicendo: “Restate qui e vegliate… Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione” (Mc 14,34.37-38; cf Mt 26,38.40-41). L’ammonizione a “vegliare”, a “stare attenti”, ad “aver cura”, è ripresa dagli apostoli e dai discepoli in tante occasioni: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge… Vigilate, ricordando che per tre anni notte e giorno, non ho cessato di ammonire tra le lacrime ciascuno di voi” (At 20,28.31); “Vigilate, siate saldi nella fede, siate uomini siate forti” (1 Cor 16,13); “Siate sobri, vigilate! il vostro avversario, il diavolo, si aggira cercando chi divorare” (1 Pt 5,8). Si tratta di un vegliare su di sé (cf 2 Gv 8), sulla propria condotta (cf Ef 5,15), sul ministero ricevuto (cf Col 4,17). La vigilanza raccomandata dal Nuovo Testamento riguarda tutto l’uomo – spirito, anima e corpo (cf 1 Ts 5,23) e investe tutte le sfere relazionali della persona: la relazione con se stesso, con le cose, con gli altri, con Dio. I Padri del deserto fanno eco alle esortazioni neotestamentarie: “Non abbiamo bisogno di nient’altro che di uno spirito vigilante”, dice Abba Poemen. E Basilio, il grande padre della Chiesa contemporaneo di s. Ambrogio, termina le sue Regole morali domandandosi: “Che cosa è proprio del cristiano? Vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronto nel compiere perfettamente ciò che è gradito a Dio, sapendo che all’ora che non pensa il Signore viene”. In una omelia afferma: “Non basterebbe il giorno intero se cominciassi a esporre tutta la portata del comando: Sta attento a te stesso, sii vigilante” (1). Il vigilare non è dunque un atteggiamento marginale della vita cristiana, ma ne riassume la tensione caratteristica verso il futuro di Dio congiungendola con l’attenzione e la cura per il momento presente. Il vigilare diviene particolarmente attuale in tempi di crisi o di smarrimento, quando cioè la mancanza di prospettive storiche unita a una certa abbondanza di beni materiali rischia di addormentare la coscienza nel godimento egoistico di quanto si possiede, dimenticando la gravità dell’ora e il bisogno di scelte coraggiose e austere. Ora, questo tempo di crisi è il nostro! Mentre ci prepariamo a celebrare il secondo millennio dalla nascita di Cristo, l’ammonizione a vegliare continua a risuonare nelle parole di Giovanni Paolo II, a partire dalla sua prima Enciclica, sulla gravità del nostro momento epocale di “vigilia” dell’anno 2000 (cf Redemptor hominis, n. 1).
Da Sto alla porta, Lettera pastorale del card. Carlo Maria Martini 1992-94