Il tema dello straniero è essenziale nella storia e nell’invenzione letteraria, dall’antichità a oggi. Lo svolge in versione femminile Marta Aidala nel romanzo d’esordio La strangera, situandolo nella valle della Becca, tra quelle «montagne» che «sono donne immense, eppure tante portano nomi di uomini». Già sulla base di questa constatazione introduttiva, essere donna in montagna significa un’estraneità e una declinazione minoritaria imposta non dalla natura ma dal punto di vista maschile.
La stranierà è Beatrice, studentessa universitaria alla soglia della tesi di laurea che decide di incamminarsi per passione e per sfida verso le montagne, in modo meno saltuario e più incisivo rispetto al proprio pur breve passato. Lo fa per sancire il desiderio di un cambiamento e di un nuovo inizio, lasciandosi alle spalle non solo Torino ma l’idea stessa di un’identità definita e rassicurante, perché tutti nel mondo, in pianura come in montagna, siamo sostanzialmente stranieri. Sono le credenziali con cui si affaccia al rifugio della Becca, cosciente che il proprio essere «strangera» riguarda lei come gli abitanti della montagna, non meno nomadi e precari nel viaggio della vita.
Beatrice incontra un universo umano e ambientale che la costringe a un rapporto radicale e autentico con sé stessa e con gli altri. La basilare durezza delle Alpi la aiuta a liberarsi dai «sentimenti superflui» della città, «che lassù, dove ogni cosa ha la sua utilità, non trovano spazio. Se non sei abbastanza furbo muori, se non resisti abbastanza al freddo ti va in cancrena un dito e poi in necrosi l’intera gamba».
Nella stessa ottica non c’è tuttavia neppure alcuna mitizzazione salvifica della montagna e dei suoi attori, a cominciare dall’intensa storia d’amore che nasce e matura con il «luminoso» e «così bello, così felice» malgaro Elbio. Non basta la verità dei luoghi a definire quella di un amore, che è frutto di scelte con le quali, in qualsiasi geografia, si può avere la forza di «abbandonare tutto» per abbracciare percorsi ignoti.
Aidala ha scritto un romanzo alpino fedele al genere e nello stesso tempo aperto a un’ampia visione esistenziale, sottraendolo a possibili cliché. Una bella e tonica prova, a tratti pure siglata da un’efficace e allusiva densità aforistica («La neve andava e tornava come un’amante indecisa»).
Marta Aidala
La strangera
Guanda, pagg. 336, € 18