CIMBRI FA RIPARTIRE IL RISIKO
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30 Settembre 2023di Federico Fubini
Discesa del debito: mai. O quasi. Anche con le migliori intenzioni, o almeno con le migliori previsioni su come andrà l’economia nei prossimi anni. Più dell’ottimismo della volontà, per ora possono gli impatti persistenti sui conti dei crediti d’imposta da bonus immobiliari e la massa crescente della spesa pensionistica, in un Paese dalla demografia avversa e dalla struttura del welfare concentrata sugli elettori anziani. Così l’aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef), redatto in condizioni di inevitabile incertezza, ha almeno il merito di mettere in chiaro un punto fondamentale: nell’orizzonte di finanza pubblica non c’è oggi ciò che all’Italia servirebbe di più, una discesa stabile e credibile del debito pubblico sull’orizzonte della legislatura. Neanche con le previsioni relativamente benigne che – come a volte accade, sotto governi di vario segno – il ministero dell’Economia presenta sulle prospettive di crescita.
I pochi dati filtrati sulla Nadef, che a ieri sera il governo non aveva pubblicato, confermano le preoccupazioni presenti nel ministero dell’Economia sulla dinamica del debito. E alla lunga sono inevitabilmente destinati a incrociare gli ingranaggi delle nuove regole di bilancio europee – quando entreranno in vigore – così come lo scrutinio dei mercati finanziari. La discesa nella traiettoria del debito presentata nella Nadef in apparenza c’è, ma è lentissima: dal 141,7% del prodotto lordo dell’anno scorso, a un valore attorno al 140,2% quest’anno (ma ieri il servizio stampa del ministero dell’Economia, a richiesta specifica, non ha fornito questo dato), al 140,1% nel 2024, fino al 139,6% nel 2026. In sostanza da quest’anno in poi c’è uno stallo, il debito praticamente non scende più. Più precisamente la riduzione prevista è lentissima, glaciale, alzando così le probabilità che nei prossimi anni la Grecia compia il sorpasso e lasci l’Italia nella posizione del Paese europeo con il debito pubblico più alto in proporzione al Pil.
Il ruolo dei crediti d’imposta da bonus
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha sottolineato, legittimamente, il ruolo dei crediti d’imposta da bonus-casa nel frenare il calo del debito. Ma è sicuro che la Nadef – quando il governo ne renderà disponibile il testo vero e proprio – mostrerà un secondo fattore: il peso crescente della spesa pensionistica. Di certo la cornice che giustifica il lievissimo calo del debito previsto è in sé fragile, perché non ammette margini d’errore. Qualunque variazione all’ingiù delle proiezioni di crescita o inflazione produrrebbe subito in un’inversione di tendenza e un aumento del debito. Ed è impossibile escludere a priori che ciò accada. La previsione di crescita presentata dal governo per l’anno prossimo è infatti dell’1,2%, quando la Commissione europea prevede lo 0,9% e la media delle stime degli analisti privati è dello 0,7%. Le differenze dipendono in gran parte dalla fiducia, che il governo ha, di accelerare gli investimenti per il Piano di ripresa (Pnrr) di dieci miliardi l’anno prossimo rispetto alla spesa del 2023 (di cui pubblicamente non si sa ancora nulla). Ma se fossero corrette le stime di Bruxelles o dei mercati, allora il debito salirà. Ciò accade sullo sfondo della prima vera sterzata del governo di Giorgia Meloni dai binari di bilancio del governo di Mario Draghi. Quest’ultimo prevedeva sul 2024 misure in deficit per quattro miliardi di euro, mentre l’attuale governo ne prevede per 14 miliardi. La prima stretta di bilancio è annunciata solo per il 2026.