L’eterno ritorno dell’identico
di Pierluigi Piccini
A Siena tutto resta immobile. Le stesse persone, gli stessi riti, gli stessi schemi. La politica si consuma da decenni sempre allo stesso modo. Sembra di vivere dentro una nassa.
Ma cos’è, una nassa? Una trappola: una gabbia intrecciata (in giunco, metallo, plastica…), a campana o a parallelepipedo, con un’apertura a imbuto che lascia entrare ma non uscire. Si innesca con pezzi di pesce o crostacei e si deposita sul fondo. Chi ci entra resta prigioniero. Cresce – incarico dopo incarico – si ciba degli altri coinquilini. Solo raramente, dopo anni, nel nostro caso, la “preda” viene estratta e portata in tavola per qualche commensale.
I tentativi di cambiare il modo di fare politica a Siena sembrano sempre gli stessi: autoreferenziali, rituali, scollegati da quei pochi centri di potere che ancora resistono in una realtà che ogni giorno si fa più piccola.
A ben guardare, anche quei “centrini” di potere si sono specializzati nel riciclo: stessi nomi, stessi simboli, stessi salamelecchi. L’unica cosa che cambia è la retorica usata per dire che qualcosa sta cambiando.
Perché queste riflessioni?
Perché è in corso una cancellazione della memoria. Non è solo rimozione del passato: è negazione del futuro. Senza memoria non c’è cambiamento. E nella nassa, tutto si ripete tristemente nell’indifferenza generale. La gente, stanca, legge i titoli dei giornali senza attenzione, come se stesse assistendo a una liturgia sempre uguale.
Gli unici ancora vigili? Chi spera di trarne un tornaconto personale. E naturalmente i diretti interessati.
L’elisir di lunga vita? Una certa vivacità ritrovata della Banca (interessi e dazi permettendo), che sembra ridare slancio al narcisismo cittadino. Peccato che l’istituto non appartenga più alla città. Anche qui, gli attori sono sempre gli stessi: Gaetano Caltagirone – nome che qualche ecoista, sempre attento al proprio habitat, dovrebbe ben conoscere.
E poi ci sono i pochi spiccioli, spacciati per strategie lungimiranti, distribuiti dalla Fondazione Mps: un tempo cassaforte di sogni, oggi salvadanaio di convenienze.
Così, assistiamo a una sorta di assoluzione collettiva del passato. “È stata la crisi internazionale a causare i problemi del Monte”, ripete una parte ben riconoscibile.
Nel frattempo, si nominano in Fondazione persone che hanno avuto un coinvolgimento politico nell’acquisizione dell’Antonveneta. C’è persino chi ha rivendicato con orgoglio la propria responsabilità diretta nell’acquisizione della Banca 121: “tana libero tutti!”.
Oggi un’amica mi ha chiesto: “Ma di cosa ti meravigli?”
Le ho risposto: di nulla. È tutto “normale”.
Anzi, va detto: un certo talento c’è.
Sopravvivere nella nassa, qui, è diventata da tempo un’arte.