BRUXELLES — «Non mi candiderò al Parlamento europeo». Ieri mattina, proprio dopo una audizione davanti agli eurodeputati, Paolo Gentiloni ha confermato che non si presenterà alle elezioni del prossimo giugno. «La mia intenzione – ha aggiunto – è tornare in Italia» ma «non andrò mai in pensione».
Parole che hanno scatenato una ridda di interpretazioni sulle sue intenzioni. Su quello che l’ex premier italiano potrà fare una volta a novembre prossimo – sarà tornato nel nostro Paese.
Nei giorni scorsi, infatti, era circolata, soprattutto negli ambienti del Pse (il Partito del Socialismo europeo), l’ipotesi che fosse lui il cosiddetto “SpitzenKandidat”. Ossia il candidato socialista alla presidenza della prossima Commissione europea. Percorso, appunto, che il Commissario Ue ha smentito negando la “corsa” al Parlamento europeo. È vero che un seggio parlamentare non rappresentauna precondizione indispensabile per questo ruolo (per il quale però i socialisti hanno per ora indicato l’attuale Commissario Ue al Lavoro, il lussemburghese Nicolas Schmidt). Nello stesso tempo concorrere alla guida dell’esecutivo europeo senza l’appoggio del governo nazionale è quanto meno imprudente.
In Italia, poi, la ricerca di un “federatore” in grado di unire il centrosinistra nel prossimo futuro e in vista delle prossime elezioni politiche, si è spesso concentrata sul suo nome. «Con Gentiloni – ha detto la segretario del Pd, Elly Schlein – ci sentiamo spesso. In questi anni il risveglio dell’Europa è stato possibile grazie al lavoro del gruppo socialista e, dentro questo, della nostra delegazione e dei commissari come lui. Va ringraziato e continueremo a ringraziarlo per il ruolo che ha avuto e sono certa che continuerà ad avere nel Pd. Il Pd continua a essere casa sua». Parole che, però, non fanno riferimento né alla possibilità di un posto nelle liste democratiche di giugno, né a un eventuale incarico per offrire ai partiti d’opposizione una prospettivacomune. Bisogna anche considerare che fino alle prossime elezioni europee, è improbabile che il centrosinistra possa assumere una nuova fisionomia. I risultati che registreranno il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle faranno chiarezza su questo punto. Anche in relazione al futuro delle due leadership, in particolare quella di Schlein. Perché nel Pd le europee sono ormai considerate anche un test sulla segreteria. Quanto ai rapporti con il grillino Giuseppe Conte, di certo non sono mai stati segnati da particolare confidenza.
In più il governo Meloni – sebbene le difficoltà siano crescenti e lo scontro nella maggioranza stia sempre più emergendo in vista del voto di giugno – non appare in procinto di favorire un ritorno alle urne in tempi brevi.
E in effetti Gentiloni al momento non sembra interessato a rilanciarsi nella politica attiva di partito. La sua figura ha assunto negli ultimi anni un carattere istituzionale. Dalla presidenza del Consiglio guidata per diciotto mesi, fino al giugno del 2018, alla Commissione europea, dal dicembre 2019, il profilo dell’ex premier è stato dunque connotato dagli incarichi al di fuori dell’attività di partito.
Per Gentiloni, allora, i progetti immaginati da alcuni democratici di Roma a favore di un incarico connesso immediatamente all’attività di partito appaiono destinati a rimanere un desiderio irrealizzato, o almeno per ora sospeso.
Indubbiamente nelle intenzioni del Commissario c’è in primo luogo l’obiettivo di ricentrare la sua vita nella Capitale italiana. Per un ex Commissario europeo con l’importante delega agli Affari economici, la possibilità però di un altro incarico internazionale è sempre dietro la porta. I rapporti di Gentiloni con il mondo Usa, ad esempio, sono sempre stati positivi. E alcune istituzioni come il Fondo monetario internazionale o la Banca Mondiale potrebbero essere interessate ad avvalersi della sua esperienza.