Pisa, uno dei capoluoghi toscani dove il centrosinistra ha perso il ballottaggio alle comunali dello scorso fine settimana, il Pd funziona così: il segretario comunale è espressione dell’ala sinistra; il segretario provinciale è espressione dell’ala ex renziana; la parlamentare paracadutata in Parlamento grazie alle liste bloccate è in quota Letta. Non c’è una maggioranza chiara, né un’opposizione. C’è uno a te, uno a me, uno a loro.
In dialetto locale dividere si dice “partire”: ecco, l’è un partito “partito”. Così è, se vi garba. La filiera delle correnti, da qui come dalle altre città, risale fino alla Regione, dove gli ex renziani hanno come punto di riferimento il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo e gli altri sono in squadra con l’assessora Alessandra Nardini. Poi, salendo più su, si arriva ai capataz nazionali. Come nello Shangai, quel gioco di incastro di bastoncini che andava di moda tra i bambini negli anni un cui la sinistra a Pisa aveva circa i tre quarti dei consensi cittadini, non puoi toccare nulla senza che salti tutto.
Anche per questo, per non scontentare nessuno, il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra è stato preso dalla società civile, Paolo Martinelli, presidente delle Acli, che si è battuto con vigore ma invano. “Non ha perso Martinelli, ha perso il Pd”, dice un dirigente locale che vuole restare anonimo per timore delle faide. “Qui nel partito c’è in corso da anni una guerra civile”, spiega mortificato per la richiesta di anonimato. Il segretario regionale di Sinistra italiana, Dario Danti, ha proposto dopo la sconfitta di fare un gruppo unico delle opposizioni. “Mi sembra una cosa sensata, purtroppo mi pare abbia scatenato un delirio”, spiega Danti. Difficilmente il gruppo unico si farà: se il capogruppo in Comune non fosse quello prestabilito sulla base degli equilibri correntizi, zomperebbe l’accrocchio di bastoncini che è il Pd pisano.
Dice: e Schlein? Per ora, non è cambiato nulla e in poche settimane era difficile fare molto, ma non è detto che il tempo a disposizione favorisca una soluzione. Per capire quanto sia lento da mettere in moto il cambiamento del Pd sul territorio basti dire che i dati dei nuovi tesserati on line dopo le primarie sono arrivati nelle mani dei dirigenti locali solo tre mesi dopo le iscrizioni. Lentezze a Roma, lentezze in città. Nel palazzo di tre piani dove ha sede la federazione pisana lavora un unico dipendente. Part time. A quei nuovi iscritti, per 90 giorni, non è stato possibile nemmeno mandare una mail di benvenuto.
Emiliano Fossi, diventato segretario regionale sull’onda della vittoria di Schlein, non nega i problemi: “Siamo qui da appena due mesi, eletti anche per cambiare il partito, ridargli una identità e una missione, e non rinunceremo a farlo”. Rinunciare, d’altra parte, per Schlein significa rischiare di perdere la partita senza nemmeno averla giocata. Perché se la situazione è questa a Pisa, è difficile che sia meglio a Catanzaro o Gorizia. Certo Fossi, eletto deputato alle ultime politiche, avrebbe preferito non partire a handicap. È infatti l’ex sindaco di Campi Bisenzio, comune di 50 mila abitanti nella piana fiorentina, dove una settimana fa il Pd ha perso al secondo turno da un candidato sostenuto da Sinistra italiana e Movimento 5 Stelle. Era già accaduto a Sesto Fiorentino. L’insuccesso in casa non lo aiuta.
La Toscana è stata l’epicentro della batosta Pd. Ma in futuro potrebbe andare peggio: l’anno prossimo si vota in decine di comuni, tra cui Firenze e Prato, quello dopo torna in ballo la Regione, una delle ultime rimaste in mano al centrosinistra. Se il presidente Eugenio Giani volesse vantarsi, potrebbe dire che molti qui lo considerano il Joe Biden fiorentino: è assolutamente determinato a ricandidarsi per un secondo mandato anche se pochi al momento scommetterebbero sulla sua rielezione, e in ogni caso non si vede un’alternativa. Insomma, il parallelo con Biden non nasce come complimento. Il 9 giugno è prevista la riunione dell’assemblea dem che dovrebbe dare vita alla nuova segreteria regionale unitaria, sulla scia di quella nazionale. In teoria, un passaggio verso la ricandidatura di Giani. Ma c’è chi giura che Schlein, come con Vincenzo De Luca in Campania, farà di tutto perché il presidente accetti di lasciare campo a un altro candidato.
Al prossimo giro è probabile che il centrodestra non ripeterà l’errore di puntare su un personaggio poco presentabile come l’ex sindaca di Cascina, la leghista Susanna Ceccardi. Il favorito è il sindaco di Pistoia Alessandro Tommasi, Fratelli d’Italia, e la sua probabile discesa in campo preoccupa non poco. Fossi frena sul caso Giani: “Prima di parlare delle regionali, pensiamo alle comunali del prossimo anno. La situazione è critica, la Toscana non è una regione contendibile, è già contesa e in parte conquistata. La destra ha creato una classe dirigente locale, non dobbiamo nascondercelo, e sfrutta anche il trasformismo di pezzi del nostro mondo”.
In effetti, nel suo primo mandato a Pisa il sindaco rieletto Michele Conti, area Lega, ha dato fondo a tutti i progetti e tutti i fondi che il centrosinistra aveva lasciato nel cassetto. La sua lista civica, con candidati provenienti dal mondo del centrosinistra, ha preso il 15 per cento. Il Pd, per dire, si è fermato al 23, cinque punti in meno delle Politiche che già non erano state un trionfo. Nelle case popolari di Sant’Ermete, all’estrema periferia della città, quartiere che in città citano come fosse il Bronx degli anni Settanta, ma che nelle periferie di Roma o Milano farebbe la figura di un dignitoso quartiere residenziale, ha vinto Conti e non è un caso: l’edilizia popolare è uno dei fronti su cui l’ultima giunta di centrosinistra aveva pasticciato di più.
Sarebbe bello, per il Pd, se anche in Toscana il problema fosse solo rimettere in piedi una coalizione larga e unita. Prima, c’è quello più urgente di non far esplodere il partito sui principali dossier regionali. Allargamento della pista dell’aeroposto di Firenze Peretola: Giani e Nardella favorevoli, sinistra interna no e lo stesso Fossi no (e contrario, ovviamente, è anche il nuovo sindaco di Campi Bisenzio, l’area interessata). Quotazione in Borsa della nuova multiutility regionale che ha in pancia acqua, energia e rifiuti: Giani e Nardella favorevoli, sinistra interna contraria, Pd fiorentino e pratese favorevoli, Pd aretino e senese contrari. Rigassificatore di Piombino: la storia è nota. Chi decide? I sindaci o il partito? Gli eletti o i dirigenti? Il rischio è che finisca come a Roma sul termovalorizzatore. La via perfetta per scontentare di qua e di là: agli elettori favorevoli alle infrastrutture non piace che siano realizzate con il mal di pancia, a quelli ostili non basta dire “si fa solo perché si è deciso prima di noi”. Dice Fossi: “Bisogna aprire una discussione, sull’aeroporto resto dell’idea che non sia compatibile con il Parco della piana, quanto alla multiutility, nessuno vuole ucciderla, però bisogna anche fugare l’impressione che sia un progetto fiorentinocentrico”.
A proposito di Firenze, il sindaco di Nardella è in uscita per correre all’Europarlamento. Per difendere il capoluogo di regione servirà un candidato forte. Nardella punta sulla sua assessora al Sociale Sara Funaro. Come per la Regione, Schlein dovrà decidere se giocarsi la segreteria con le scelte altrui o sparigliare con le sue.