«Soltanto un tampone, resta il nodo dei rimpatri E l’extraterritorialità comporta dei rischi»
10 Novembre 2023“Adesso donne sacerdoti e fine del celibato dei preti”
10 Novembre 2023IL FATTO
Spiegando che anche persone transessuali e omoaffettive possono essere scelte per accompagnare ai Sacramenti, il Dicastero per la dottrina della fede non ha cambiato la dottrina. Parlano i sacerdoti che operano nel settore
Più che la sostanza, il coraggio di aprire la strada a un lessico che riflette la realtà e le richieste concrete di tanti credenti. Più che la dottrina, che rimane la stessa, lo slancio umano e pastorale che supera gli schemi del passato, quelli contrassegnati dalla politica dei molti “no”, e sceglie una valutazione serena delle diverse situazioni in uno spirito di accoglienza e di integrazione. Ma con un punto di partenza ben chiaro. Ogni persona «indipendentemente dal proprio orientamento sessuale va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione ». Sono le parole di papa Francesco in Amoris laetitia che, come già messo in luce su queste pagine, la Nota del Dicastero per la dottrina della fede, accoglie e traduce in prassi pastorale concreta. Non è un “libera tutti”, non si tratta di un’apertura indiscriminata verso scelte di vita che prescindono dalla coerenza della fede e contraddicono il Vangelo. Persone transessuali e omoaffettive possono essere madrine e padrini di Battesimo, ma anche testimoni di nozze a condizione che non vi siano dubbi, spiega la Nota, «sulla situazione morale oggettiva in cui si trova una persona, oppure sulle sue disposizioni soggettive verso la grazia». Cosa significa?
« Nel caso del Battesimo – si spiega nel documento – la Chiesa insegna che, quando il Sacramento viene ricevuto senza il pentimento per i peccati gravi, il soggetto non riceve la grazia santificante, sebbene riceva il carattere sacramentale ». Per il Battesimo di una persona transessuale toccherà quindi al sacerdote esercitare quel discernimento caso per caso, tenendo comunque sempre presente il magistero di papa Francesco, secondo cui «la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa», importante per sottolineare la prevalenza dell’aspetto pastorale sul rigore della norma. Anche se, a proposito della domanda sul fatto che una persona omoaffettiva e che convive può essere padrino di un battezzato, la risposta è positiva solo per chi «conduce una vita conforme alla fede e all’incarico che assume». Diverso è il caso, si ribadisce, «in cui la convivenza
di due persone omoaffettive consiste, non in una semplice coabitazione, bensì in una stabile e dichiarata relazione more uxorio
ben conosciuta dalla comunità».
Sulla novità pastorale della Nota concorda padre Pino Piva, gesuita, esperto di pastorale di frontiera, che da anni organizza un corso per formatori pastorali “per” e “con” persone lgbt – a cui sono intervenuti come relatori anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e l’arcivescovo Erio Castellucci, vicepresidente per il Nord Italia – «è certamente bene che il Vaticano ne parli, che usi termini più appropriati (come persone omoaffettive), ma in verità – come dice lo stesso documento non ci sono aperture dottrinali. Solo alcune precisazioni, certamente importanti, ma che lasciano sullo sfondo importanti questioni pastorali che dovremmo invece avere il coraggio di affrontare ». Padre Piva pensa al problema del registro di Battesimo: « Ad esempio la quarta domanda del documento: due persone omoaffettive possono figurare come genitori di un bambino, che deve essere battezzato, e che fu adottato o ottenuto con altri metodi come l’utero in affitto? In altre parole: possono comparire tutte e due nel registro dei Battesimi come genitori? E a quali condizioni? La domanda rimane inevasa. E ancora: una persona transessuale, quando viene battezzata (o anche dopo anni dal Battesimo, quando fa la transizione) può essere registrata nel registro parrocchiale con il nuovo nome anagrafico corrispondente alla transizione stessa? Al momento le risposte a queste domande sono negative». Il riferimento rimane una Nota della presidenza della Cei (21 gennaio 2003) che rispondeva a richieste di chiarimenti provenienti da alcune cancellerie vescovili in merito all’opportunità di variazioni anagrafiche sui Libri parrocchiali per i fedeli che aveva scelto di sottoporsi a riconversione sessuale. Riprendendo una dichiarazione del 1991 della Congregazione per la dottrina della fede, la Cei aveva risposto che « non può essere apportata nessuna variazione».
Privilegio della fede, ma nessuna variazione della dottrina è quanto ribadisce anche don Gianluca Carrega, biblista, responsabile per la pastorale delle persone lgbt dell’arcidiocesi di Torino: «Vanno benissimo queste sottolineature – osserva – ma ricordiamo che la pastorale è più avanti perché appunto ormai da anni cerchiamo di lavorare sull’inclusione comunitaria delle persone omosessuali e transessuali. Il cammino prosegue, ma tante domande rimangono aperte».
Questioni insuperabili? Secondo don Andrea Conocchia, parroco di Torvaianica, sul litorale romano, sono aspetti che si potranno chiarire nel tempo e non occorre pretendere di affrontare tutto e subito. Don Andrea conosce da molto vicino l’attenzione che papa Francesco riserva alle persone transessuali. Ormai decine di volte, in occasione delle udienze del mercoledì, accompagna dal Papa le trans da lui accolte in parrocchia.
Nei giorni scorsi Jessica Stern, rappresentante per i diritti delle persone lgbt del presidente statunitense Joe Biden è stata a Torvaianica, ha chiesto informazioni, ha preso appunti. «Una persona credente, di fede cattolica, che ha voluto anche partecipato alla Messa in occasione della Giornata missionaria mondiale, lo scorso 22 ottobre».