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26 Agosto 2022In Toscana undicimila attività appese a un filo, dal 2016 a oggi hanno chiuso oltre 5.500 esercizi, si salvano per ora ristoranti, alberghi e bed& breakfast
diAndrea Vivaldi
Il commercio guarda al futuro con decine di incognite. Gestire insieme caro bollette, aumento dei costi delle materie prime e instabilità economica è un cubo di Rubik sempre più difficile. Confcommercio a livello nazionale stima che il 5% delle imprese del terziario sono a rischio chiusura nei prossimi 6 mesi. In Toscana, in proporzione, si parla di quasi 11 mila attività sotto la ghigliottina per inflazione e impennata dei prezzi di gas, elettricità, benzina. Dopo il Covid, l’energia è la nuova grande crisi. Ma alle spalle c’è già un doloroso necrologio di negozi al dettaglio che negli ultimi anni hanno dovuto abbassare le saracinesche. Vetrine di quartiere che dalla costa all’entroterra si sono arrese. Una dopo l’altra fino a formare un esercito: negli ultimi sei anni, dal II trimestre 2016 a quello di quest’anno, la regione ha perso 5.596 attività commerciali. L’andamento del mercato emerge dall’analisi dei dati Unioncamere sulle imprese registrate. La provincia Firenze non sfugge a questa moria. Anzi. Nello stesso arco di tempo ha perso 1.240 attività, di cui oltre 800 con la pandemia. Reggono meglio forse macellerie, pescherie e fornai: in pandemia hanno vissuto una piccola rinascita, anche grazie alle consegne a domicilio.
« Oggi l’unica via di salvezza è abbattere i consumi: fermare i locali nei momenti meno produttivi, rivedere la produzione e gli orari al pubblico — dice Aldo Cursano, presidente Confcommercio provincia di Firenze — . La situazione è drammatica e siamo impotenti: non possiamo neppure scaricare sulla clientela il peso di questi assurdi aumenti. Serve porre un tetto all’energia, si è creata una speculazione. Le prime a morire sono le aziende più giovani, chi ha ristrutturato e investito da poco». Finora il ramo della ristorazione e degli alloggi è andato in controtendenza.
I numeri di Unioncamere dicono che in Toscana tra pizzerie, pub, bar e affini ci sono state in 6 anni 951 nuove imprese, di cui 537 solo nel fiorentino. Neppure l’assenza di turisti per il Covid aveva bloccato il mondo di cibo e bevande, visto che nella provincia di Firenze è stato avviato quasi un centinaio di imprese in più rispetto al pre pandemia. Ora però il mercato potrebbe essere a un punto di svolta. Confcommercio stima che nel prossimo semestre proprio alberghi e ristoranti saranno tra le categorie più in bilico, oltre ai liberi professionisti, agenzie di viaggio, attività artistiche e sportive, abbigliamento. « I negozi di vicinato sono da tempo in difficoltà specie sulla grande distribuzione e il commercio elettronico » , spiega Lapo Cantini, responsabile dell’area commercio di Confesercenti Firenze. Finora gli alloggi sono cresciuti: da una strada all’altra sono spuntati hotel, case vacanze, bed and breakfast. Rispetto al 2016 nel fiorentino se ne contano 243 in più. Il Covid ha rallentato i maxi investimenti, ma non li ha cancellati. Nuove strutture sono state aperte pure negli ultimi due anni (+28 nel raggio del capoluogo, +134 in tutta la regione). E a volte questo ha spinto le realtà più piccole e artigiane a dover cambiare sede.« A noi, come al nostro vicino, non hanno rinnovato l’affitto e dopo 33 anni dovremo andare via — racconta Tommaso Pestelli dalla sua storica gioielleria e oreficeria in Borgo Santi Apostoli — nell’immobile ci sarà un grande albergo, non più un artigiano. Noi ci spostiamo in via del Sole » . Le botteghe storiche proveranno a superare l’ennesimo tsunami: «Serviranno tutele per chi con sacrificio è aperto da oltre 50 anni — dice Gabriele Maselli, presidente dell’Associazione esercizi storici fiorentini — tra i nostri soci c’è paura».