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18 Febbraio 2024The Economist today
19 Febbraio 2024La Corte di Cassazione pone fine alla carriera di Luigi Bruschelli detto Trecciolino
La condanna in via definitiva di Luigi Bruschelli apre ad una serie di considerazioni; molte, difficili da digerire per chi soprattutto ha continuato anche in questi ultimi anni a pensare Siena come un’area protetta.
Trecciolino, questo il suo suo soprannome di cui si è persa quasi poi la memoria, esordì nel 1990 mentre l’ ultimo Palio corso risale all’agosto 2019. Sono trenta gli anni di Palio racchiusi, ormai, nella sua vicenda che come ogni grande storia di potere porta con sé segreti, bugie e misteri.
Oggi sappiamo che quella carriera dell’Assunta pre-Covid con il giubbetto della Pantera è la data finale della sua lunga esperienza in Piazza del Campo poiché la sua condanna non è più compatibile con il regolamento del Palio così come con le normative di nessuno degli altri Palii.
Anni a rincorrere un aggancio al record delle 14 vittorie di Aceto che si sono chiusi in maniera inappellabile con una sentenza che non promette niente di buono negli anni avvenire per il proseguo del Palio.
È necessario essere piuttosto crudi e realisti alla luce dei fatti delle ultime ore.
Non è più tempo di ragionare in questa città sugli animalisti, sulle loro convinzioni e sui loro attacchi al Palio. La Legge dello Stato ha sentenziato in maniera definitiva aprendo un varco, fatto adesso di certezze.
Con l’uscita di scena di Luigi Bruschelli si chiude un’era che già è passata alla storia della nostra festa, che ci piaccia o no.
A lui si deve la concezione di un modus operandi che poi non solo ha fatto scuola, e Tittia questo ce lo sta dimostrando, ma che è entrato ormai di diritto nella nostra terminologia paliesca.
Imperatore, palio dei carabinieri, per fare un esempio sono parole che ci porteremo sempre dietro parlando di Palio. Ma non solo questo.
Bruschelli appartiene all’ultima età d’oro della nostra città, dove ancora tutto quello che adesso è in rovina splendeva, magari non tutto in maniera così limpida come credevamo.
Valiano (alla maniera di Sunto Vagliano) era uno dei centri nevralgici del potere cittadino, palazzo reale di un impero, simbolo del comando, sede di tutta una serie di operazioni che hanno scandito la storia del Palio dalla fine degli anni 90 fino alla sua ultima vittoria (2012) o comunque poco più in là.
La quasi totalità dei fantini che oggi corrono è passata dalla sua scuderia, ne possiamo escludere davvero pochi. Chi è rimasto per lungo tempo al suo seguito, Tittia e Gingillo, come in una sorta di infinito talent show è poi arrivato al successo vero.
E al di là di Bellocchio, figlio naturale, per ancora molto tempo il mondo del Palio si nutrirà dei frutti nati a Valiano. Ed anche di quella stessa metodologia.
Bruschelli poi segnò anche un tempo tutto suo con la sua storia; senese, nato da una famiglia contradaiola, sfidò lo strapotere dei sardi in Piazza come nessun altro e lo spazzò via, divenendo poi perfino il loro maestro, il professore di Palio da cui tutti i ragazzini che salivano dalla Sardegna ambivano ad andare ad imparare.
Dimostrò che forza fisica e tattica a terra potevano supplire alla naturale predisposizione a cavallo di chi è nato di là dal mare.
Certo ci sarebbe piaciuta una uscita di scena meno traumatica ma forse soprattutto autonoma.
Quello che il Palio ha dato a Bruschelli avrebbe meritato che lui, per primo, ricevesse una condanna da ex fantino e non da fantino ancora in attività.
Ma si sa, ogni casa reale ha le sue grane ed è un destino predestinato quello di ogni grande storia di potere per la quale arriva poi il momento di precipitare; senza nemmeno stare a scomodare la hybris degli antichi greci o le banali chiacchiere sul saliscendi dal carro del vincitore.
Ed un finale che potrebbe aprire un panorama futuro molto complicato sulla nostra festa non deve farci dimenticare il valore di Trecciolino, il fantino che volle farsi Imperatore, nell’anello di tufo.