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11 Aprile 2025Truffa a Moratti, l’inchiesta a ostacoli sul cinese indagato
Milano, negato il sequestro dei telefoni
Luigi Ferrarella
C’è un cinese strano strano nella truffa in cui un Crosetto strano strano riuscì il 3 febbraio, insieme a ingegnosi complici fintisi al telefono e nelle mail lo staff del ministro della Difesa, a spillare 977.000 euro all’imprenditore milanese Massimo Moratti, persuaso («su mia richiesta venni rassicurato che era una operazione regolare») di aiutare la patria a pagare in maniera riservata il riscatto per due italiani ostaggi in Siria. La Procura di Milano, che in maniera acrobatica riuscì a bloccare in tempo i soldi che Moratti aveva inviato ai truffatori in Olanda su un conto della Ons Vastgoedonderhoud B.V., ha seguito la traccia di un bonifico di 49.800 euro (anch’esso quindi bloccato) che questa società aveva già ordinato a favore di una società di commercio all’ingrosso di abbigliamento ad Agrate Brianza. E un mese fa in gran segreto il pm Giovanni Tarzia ha mandato i carabinieri del Nucleo Investigativo a casa dell’uomo che ne risulta legale rappresentante, indagandolo per ipotesi di truffa, sostituzione di persona e associazione a delinquere, e sequestrandogli sia i telefoni e computer, sia 10.250 euro trovatigli in contanti. Chi è? Un cinese di 39 anni che non parla una parola di italiano, disoccupato, ex aiuto cuoco, già stiratore di vestiti e colf: sul telefono ha una chat con un connazionale che lo avrebbe contattato per aprire a suo nome la società che, senza aver mai emesso una fattura, in un anno ha ricevuto e trasferito a conti esteri 660.000 euro. Solo che la «pista» si raffredda prima ancora di essere sviluppata: il Tribunale del Riesame, accogliendo il ricorso del difensore Giuseppe Interrante, dissequestra sia i 10.250 euro (non possono essere quelli della truffa perché i soldi di Moratti erano stati congelati in tempo), sia soprattutto i telefoni: proporzionalità e tutela della riservatezza, argomentano i giudici Ambrosini-Natale-Alonge, imponevano che la Procura indicasse parole chiave e criteri temporali per selezionare solo dati pertinenti all’indagine e evitare ricerche esplorative: invece ha fatto «una copia integrale dei telefoni e computer», l’«illegittimità comporta l’annullamento del sequestro e l’obbligo di restituzione».