Via libera del Consiglio europeo anche per la Moldavia ma senza l’ok dell’Ungheria: al momento del voto Orban lascia la sala e attacca: “Decisione pessima”. Zelensky esulta: “Una vittoria”
BRUXELLES — Il segnale è arrivato quando il premier ungherese Viktor Orban si è alzato dal tavolo e al momento del voto sull’apertura dei negoziati per l’adesione dell’Ucraina all’Ue è uscito dalla sala del Consiglio. Non ha detto sì e non ha detto no. Nessun voto contrario e la proposta della Commissione è stata approvata. Il veto inizialmente minacciato da Budapest è stato quindi superato.
Ieri la Commissione europea aveva già messo sul tavolo 10 miliardi di finanziamenti bloccati in seguito al mancato rispetto dello Stato di diritto. Il premier ungherese, come spesso capita, fa il doppio gioco: urla in pubblica, e tace in privato. Dopo il via libera, infatti, ripete il solito slogan propagandistico: «L’adesione dell’Ucraina all’Ue è una pessima decisione. L’Ungheria non vuole partecipare a questa cattiva decisione». Eppure l’aveva sostanzialmente fatto.
«Vogliamo sostenere l’Ucraina — ha annunciato Charles Michel, presidente del consiglio europeo — è una decisione molto potente. Stasera penso al popolo ucraino. Siamo al loro fianco. E questa decisione fatta dagli Stati membri è estremamente importante per la credibilità dell’Ue». Da ieri, dunque, è partito il percorso formale di Kiev è per entrare nell’Ue. E la stessa decisione è stata assunta per la Moldavia. Mentre alla Georgia è stato concesso lo status di candidato.
«Questa — ha esultato il presidente ucraino Zelenski — è una vittoria per l’Ucraina. una vittoria per tutta l’Europa. Una vittoria che motiva, ispira e rafforza». È evidente che per Kiev, mettere un primo piede nell’Unione è considerata una sorta di assicurazione per il futuro. «Una decisione strategica e un giorno che rimarrà scolpito nella storia della nostra Unione — ha invece sottolineato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen — Siamo orgogliosi di aver mantenuto le nostre promesse e felici per i nostri partner».
Soddisfatta anche Giorgia Meloni: «Si tratta di un risultato di rilevante valore per l’Unione Europea e per l’Italia, giunto in esito ad un negoziato complesso in cui la nostra Nazione ha giocato un ruolo di primo piano nel sostenere attivamente sia Paesi del Trio orientale sia la Bosnia Erzegovina e i Paesi dei Balcani occidentali». L’Italia si è accontentata del riferimento alla Bosnia nel documento finale in cui si richiama la volontà di aprire i negoziati di adesione anche per Sarajevo.
Il Consiglio europeo è poi rimasto impegnato tutta la notte a discutere il nuovo bilancio dell’Unione europea. A questo proposito si è svolto un vertice ristretto tra Francia, Germania, Italia, Svezia, Olanda e Finlandia. Al primo punto restano i fondi ancora per l’Ucraina: si tratta di 50 miliardi complessivi su cui c’è di nuovo la contrarietà di Orban. Ma si tratta di un veto aggirabile.
Il nodo principale, però, sono i fondi aggiuntivi nel Bilancio. Berlino, spalleggiata dai cosiddetti alleati “frugali”, non vuole immettere altre risorse. La presidente del consiglio europeo ha proposto di aumentare la disponibilità di 22 miliardi, di cui 17 riservati a Kiev. Persino quei cinque miliardi in più vengono contestati dai “falchi”. Ma non allargare il cordone della borsa, significa non creare risorse per altri impegni. A cominciare dall’emergenza migranti. Su questo terreno, infatti, la cifra inizialmente disposta dalla Commissione ammontava a 12 miliardi di euro. Sono stati ridotti a 8 e ieri è stato compiuto un tentativo di arrivare a nove. Ma si tratta comunque di un importo minimo perché va spalmato su quattro anni e su tutte le emergenze migratorie, non solo quelle del Mediterraneo.
Il confronto quindi è durissimo. Il presidente del consiglio europeo Michel ha provato a spargere ottimismo: «È un dibattito difficile ma sono fiducioso che nelle prossime ore riusciremo a prendere una decisione e a essere uniti su questo tema sostenendo l’Ucraina con una maggiore assistenza finanziaria e sulle priorità dell’Ue». Ma la trattativa è ancora all’inizio e ci potrebbe essere bisogno anche della giornata di oggi.