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27 Ottobre 2024Vi presento Louis Fratino
27 Ottobre 2024
Il sogno di Artissima, l’equilibrio di Flashback. Torino, la città del sogno dell’equilibrio architettonico della Mole Antonelliana e della Cappella della Sacra Sindone progettata da Guarini (ma anche del «dis-equilibrio» di una città di fabbriche nei tempi della crisi), mette a confronto negli stessi giorni, dal 31 ottobre al 3 novembre, due modi diversi (ma forse nemmeno più di tanto) di pensare l’arte contemporanea, moderna e, nel caso di Flashback, anche classico-antica.
Se Artissima sceglie appunto il «sogno a occhi aperti» come espressione di una nuova creatività capace di confrontarsi con il presente e con il futuro (The Era of Daydreaming), Flashback Art Fair si interroga sul significato profondo dell’equilibrio (Equilibrium?): «Uno stato di quiete — spiegano il direttore artistico Alessandro Bulgini e le direttrici generali Ginevra Pucci e Stefania Poddighe — che emerge dal bilanciamento delle forze, un concetto che attraversa la scienza, l’economia, la politica, la biologia, la sfera sociale, la psicologia e, inevitabilmente, anche l’arte».
L’idea chiave della dodicesima edizione di Flashback (39 gallerie ospiti, di cui 7 straniere) è comunque quella, attualissima, di un equilibrio comunque instabile, di qualcosa «di non necessariamente positivo», di un concetto da mettere continuamente in discussione attraverso opere d’arte, performance, talk, laboratori e musica. Con l’obiettivo di stimolare, attraverso l’arte, una riflessione su «come equilibrio e dis-equilibrio siano concetti fondamentali che possono arricchire oppure depauperare la vita di ognuno».
Bulgini (1962) aggiunge così un nuovo tassello al proprio lavoro da sempre, in qualche modo, dedicato al dis-equilibrio: un lavoro che con il suo progetto-chiave Opera Viva B.A.R.L.U.I.G.I. (2012) aveva abbandonato il tradizionale studio d’artista per inoltrarsi nella quotidianità della vita di Torino, creando la figura (ben poco inquadrata, ben poco classicamente equilibrata) del district artist, l’«artista di quartiere», l’artista che opera nel proprio spazio cittadino attraverso l’arte, utilizzando realtà quotidiane (come il bar sotto casa, il Bar Luigi appunto) «dove inaspettatamente si possono coltivare le utopie, luoghi condivisi che possono diventare opportunità per tutti, con il solo presupposto di utilizzare ciò che è a disposizione». Nasce così nel 2014 l’idea di Decoro urbano, disegni realizzati con i gessetti che ornano le strade di Barriera di Milano, storico quartiere torinese, o le performance itineranti Luci d’artista, un modo per richiamare l’attenzione sui luoghi dimenticati con il quale l’artista si trasforma letteralmente in «luce» reggendo due lampade portatili che illuminano Torino, Livorno, Porto San Giorgio, Taranto e poi ancora altri territori (altrettanto «di confine») come la Jungle dei migranti di Calais in Francia, le montagne di Imlil in Marocco o le periferie di Peekskill, Westchester County, Usa.
In questa ricerca di nuovi equilibri, un ruolo fondamentale gioca lo spazio che ospita Flashback Habitat – Ecosistema per le Culture Contemporanee, il centro artistico indipendente nato nel 2013 in corso Lanza 75 (20 mila metri quadrati nel quartiere di Borgo Po, a pochi passi dal centro) nell’ex brefotrofio di Torino e provincia. Qui (nel 2023) sempre Bulgini aveva allestito Una vita migliore: una mostra corale che narrava le vite di fratelli e sorelle di culla, cresciuti in quel brefotrofio, attraverso giornali dell’epoca, documenti provenienti dagli archivi storici e testimonianze video. Uno spazio affascinante che suggerisce l’idea di una ricerca di equilibri (in questo caso affettivi e familiari). Di questa mostra, riproposta proprio in occasione della fiera, è rimasta traccia concreta grazie a Mater, la «luce d’artista» sul tetto dell’edificio.
Flashback Art Fair propone dunque la sua visione della storia dell’arte «in un progetto che — spiegano i direttori — rinnovandosi ogni anno, non solo connette antico, moderno e contemporaneo, ma offre una visione sorprendente sia sulla storia dell’arte che sulla storia di oggi, in un momento storico che richiede riflessioni profonde e nuove prospettive». E se l’idea di equilibrio «è stata troppo a lungo erroneamente associata a uno stato di armonia e stabilità», l’edizione 2024 «si chiede in particolare se l’equilibrio sia sempre e comunque giusto, equo ed etico, soprattutto se sia davvero desiderabile o nasconda in modo quasi contro intuitivo forme di repressione, ingiustizia e disuguaglianza».
A sottolineare la legittimità del dubbio c’è l’immagine guida scelta per la fiera: Italians no longer have work di Sandro Mele (1970), un’opera che — spiega lo stesso Mele — «ci invita a confrontarci sulla disuguaglianza e il precariato nel mondo lavorativo, perché quell’uomo dignitosamente vestito che cammina in punta di piedi su una fune riuscirà infine a raggiungere il suo traguardo?». L’idea (dell’artista, e dei curatori-direttori) è essenzialmente quella di un pubblico «obbligato a muoversi come un funambolo, tirato ora da un estremo della corda, ora dall’altro, chiedendosi se raggiungerà mai la sintesi, l’equilibrio, e se questo sia sensato, giusto, etico».
Il tema dell’equilibrio viene così coniugato in modi e stili spesso tra loro lontanissimi, i modi di Emilia Palomba, Sandro Chia o Toti Scialoja. La Galleria dello Scudo di Verona, ad esempio, propone un dialogo sulla circolarità come forma dell’equilibrio con i Tondi e oltre, realizzati tra il 1985 e il 1987 da Emilio Vedova che si ritrovano a confronto con un cemento di grande formato creato appositamente per la fiera da Arcangelo Sassolino, «artista che sottende conflitti ed equilibri e che qui si cimenta con la forma circolare. In mostra immagini di scontri tra forze contrapposte». L’equilibrio appare invece chiaramente politico nei tre disegni antinazisti (1944) di Renato Guttuso, di cui due pubblicati sulla prima pagina dell’«Unità», e in quello raffigurante partigiani della Brigata Garibaldi di un giovanissimo Pietro Consagra proposti dalla Galleria Aleandri Arte Moderna di Roma.
Se poi l’equilibrio è anche una questione di limiti, di confini, logico che Flashback Art Fair superi ancora una volta i classici confini di una mostra-fiera con una sequenza di mostre collaterali sempre all’interno dell’ex brefotrofio (Massimo Sacchetti con Galaverna; Stefano Cerio con Brenva; Sandro Mele con Ero Nessuna). A cui si aggiunge la decima edizione di Opera Viva, l’opera corale (pensata da Bulgini) che prende forma nello spazio pubblicitario comunale (6 metri per tre) di piazza Bottesini nel quartiere Barriera di Milano a Torino, un progetto che finora ha ospitato più di sessanta artisti italiani e stranieri (le opere realizzate vengono poi restituite al pubblico negli spazi di Flashback): da sempre destinato «ad agire sulla lateralità, sulla diversità, sulla periferia fisica e culturale», Opera Viva sceglie quest’anno il tema del camouflage, il camuffamento, invitando gli artisti «a realizzare un’opera mimetica che mascheri quello che in realtà vorrebbe esprimere» .
Il Cavaliere d’Arpino e Maria Lai, Corrado Giacquinto e Pinot Galizio, Matteo Cesa e Francesco Hayez: in questo lungo percorso artistico, dove il visitatore è chiamato a riflettere sul concetto di equilibrio, tutto sembra contrapporsi: la visione bucolica e serena del Rinascimento e la prospettiva dinamica e frammentata del Futurismo; le allegorie tardo-cinquecentesche di Abel Grimmer della galleria olandese Floris Van Wanroij e il Giacomo Balla della Velocità terrestre, l’auto è passata (1913-1914, Galleria Russo); il gusto per la geometria, l’ordine e la misura della ricerca di Giulio Paolini (Senza titolo, 2015, Galleria In Arco) e gli impulsi primordiali delle ringhianti teste di lupo di Cristiano Carotti (Wolf, 2023, Contemporary Cluster); l’iperrealismo onirico di Armonica e Ocarina (1950) di Alfredo Serri (Galleria Open Art) e l’astrattismo della Natura morta di Lucio Fontana (1957, NP – ArtLab).
«Equilibrium? — precisa Alessandro Bulgini — non vuole offrire risposte definitive, ma aprire uno spazio di riflessione, di dialogo, di esplorazione delle molteplici sfaccettature di un tema che riguarda profondamente la storia e la condizione dell’essere umano». Un equilibrio classico, e rasserenante, emerge in modo evidente dal busto in marmo del fauno di Giuseppe Pisani (Galleria Carlo Orsi) e la Madonna in trono con Bambino (Flavio Pozzallo Arte), realizzata intorno al 1350 da un maestro abruzzese in legno di noce, scolpito e dipinto. Ma in una ridefinizione generale della stessa idea di equilibrio, arriva sempre dal versante della classicità The Wedding Dance Outside (1612) di Pieter Brueghel il giovane (De Jonckheere Gallery), rappresentazione, non certo regale come quella della Madonna del maestro abruzzese, di una rustica allegria che combina «paesaggio» e «genere» (secondo una composizione più volte ripetuta da Brueghel e bottega), nonché di un dis-equilibrio di fondo. Che, formalmente, invece che sulla coppia di sposi, abbastanza anonimi, si concentra sulle quattro coppie che danzano in primo piano accompagnate da due suonatori di cornamusa, da otto danzatori e da altri invitati che si abbracciano, bevono e si divertono. Un altro modo per «sconvolgere» la narrazione, idealmente in linea con la ricerca concettuale di Gino De Dominicis che affermava come l’arte (se è buona arte) sia sempre «tutta contemporanea».
https://www.corriere.it/la-lettura/