Piove sul campo largo, ma l’unità è sui contenuti
13 Settembre 2024Italia fanalino di coda per gli stipendi dei prof “Aumenti insufficienti”
13 Settembre 2024
di Ernesto Galli della Loggia
Il governo Meloni sembra avere urgente bisogno di uno scatto, di mettere in cantiere qualcosa di importante, un progetto significativo per il futuro italiano. Non solo se «vuole fare la storia» — come pure ha detto molto audacemente la presidente del Consiglio — ma più semplicemente se vuole acquistare lo slancio necessario a superare la difficile stagione politica che gli sta davanti. Una stagione caratterizzata dall’incognita delle elezioni americane e della guerra in Ucraina, dalle prevedibili sconfitte in almeno due delle tre imminenti elezioni regionali (Umbria, Emilia-Romagna, Liguria), dalle altrettanto prevedibili conseguenze della vicenda Santanchè e insieme dalla sempre lunga e snervante stagione parlamentare della finanziaria.
Ma che cosa mettere in cantiere di davvero importante, tenendo conto tra l’altro della virtuale assenza di risorse disponibili?
Sono convinto (io come tanti altri, intendiamoci) che il tempo è venuto per mettere a punto un grande progetto di ripensamento e di rilancio dell’intero ambito dell’istruzione di ogni ordine e grado, dalla scuola materna fino all’università e ai grandi istituti di ricerca. Ma legando tale rilancio al problema cruciale della presenza tra noi di un numero crescente di giovani non italiani per nascita e ancora più in generale al futuro del Paese.
Molti indizi infatti fanno credere che l’Italia stia perdendo l’appuntamento con il Ventunesimo secolo: ma il fronte dell’istruzione e quello della creazione di «nuovi italiani», dell’integrazione delle ondate migratorie, costituiscono certamente i fronti cruciali che decideranno se ci aspetta il successo o la sconfitta.
I responsabili politici della scuola e dell’università conoscono bene le condizioni critiche delle realtà loro affidate. Così come le conoscono anche meglio coloro che vi lavorano ogni giorno. Ma non si tratta della solita mancanza di soldi (sì, c’è anche questo ma non è il cuore della questione). Si tratta soprattutto della gabbia ideologica, delle molte regole sbagliate o invecchiate, di un’errata distribuzione dei poteri, di una mentalità superficialmente indulgente, della qualità troppo spesso insufficiente degli insegnanti. Ma di tutto questo il Paese e la maggior parte dei suoi politici e dei suoi giornali, dei suoi intellettuali di grido, e naturalmente del pubblico, non ha alcuna conoscenza e consapevolezza. È perlopiù convinto, invece, che il problema o i problemi siano lo scarso numero dei computer nelle aule, l’insufficiente presenza nei programmi dell’«attualità» e del «mondo del lavoro», o magari l’eccesivo affollamento delle classi.
Non c’è alcuna consapevolezza invece di ciò che davvero conta. Vale a dire che con la scuola e l’Università attuali l’Italia vede crescere da anni una quantità sempre crescente di giovani non solo privi di una vera qualificazione professionale ma virtualmente dealfabetizzati, incapaci ad esempio di articolare per iscritto il pensiero più semplice. Questa è la verità che ci ostiniamo a non vedere e che, sospetto, la stessa presidente Meloni ignori. È in queste condizioni, mi chiedo, che pensiamo di affrontare le durissime sfide del secolo?
Eppure la scuola resta lo strumento più importante che abbiamo per fare soprattutto dei giovani immigrati i «nuovi italiani» di cui abbiamo un assoluto bisogno. Altrimenti è la decadenza sicura del Paese. Non c’è scelta, e un governo preoccupato del futuro del Paese, come non può non essere specialmente il governo attuale, se ne deve convincere: solamente una rinnovata e adeguata istruzione scolastica e universitaria può fungere da strumento d’integrazione e di nazionalizzazione per quelli che dovranno essere i cittadini italiani del 2050. Lo ius scholae ? Sì. Lo si chiami pure come si vuole, vi si aggiungano pure tutte le necessarie clausole supplementari (personalmente riterrei opportuno, ad esempio, almeno il completamento del percorso dell’obbligo scolastico nella sua interezza, nonché la non automaticità della concessione della nazionalità bensì l’esplicita manifestazione di volontà di ottenerla, e da ultimo la rinuncia ad ogni altra nazionalità), ma alla fine sì, di questo si tratta.
Il governo Meloni, che pure può vantare al proprio attivo più di una scelta positiva, tuttavia, pur avendo davanti un’intera legislatura, si è ben guardato finora di puntare alto. Non ha mostrato di volersi impegnare in qualcosa di grande che già cominci a prendere forma qui ed ora — e dunque non come il Ponte sullo Stretto, di cui si comincerà a vedere qualcosa, se si vedrà, non prima di almeno una decina d’anni. Invece l’Italia — un Paese in continuo declino dall’inizio del secolo — ha un disperato bisogno di idee e progetti di vasto respiro che mutino realmente, in profondità, lo stato delle cose: se possibile cominciando ad avere qualche effetto da subito.
L’istruzione è un ambito strategico che però ormai da tempo non funziona come dovrebbe, preda di interessi corporativi e di pregiudizi ideologici che le hanno fatto perdere il senso della propria identità e dei suoi veri scopi, antichi e nuovi. L’istruzione, dalla scuola all’università, è dunque il terreno ideale per un grande progetto, non solo e non tanto di riforma, quanto di vera e propria rinascita nazionale: ciò che forse dovrebbe stare a cuore al nostro attuale presidente del Consiglio.