Alessandra Ghisleri
Per il 35,8% degli italiani il femminicidio è un problema legato al degrado della società e dei suoi valori, ne sono convinti quasi il 40% degli uomini e il 43,6% di coloro che hanno un’età compresa tra i 45 e i 64 anni. Per il 30,2% si tratta invece di un fatto strettamente legato alla cultura e al contesto familiare; un ragazzo su 2 tra i 18 e i 24 anni aderisce a questa tesi. Inoltre, a una lettura attenta non sfugge che il 22,3% delle donne e il 25,6% del target più giovane riconosce che manca una certezza della pena e in molti casi le condanne, una volta accertata la colpevolezza, si sono dimostrate troppo esigue e con facili scappatoie.
Queste osservazioni aprono delle riflessioni sulla responsabilità sociale e educativa non solo per famiglie, ma anche per le istituzioni tutte. L’81% delle donne interpreta il femminicidio come una vera emergenza, mentre per un uomo su quattro (27,3%) è una tematica “semplicemente” enfatizzata. Più di 100 donne uccise dall’inizio dell’anno, senza parlare delle violenze sessuali e psicologiche all’ordine del giorno; eppure, ancora esiste una certa resistenza anche tra i giovani (32,9%) a riconoscere il problema. La denuncia più forte arriva dalla Sicilia (84%), dove più forte si alza il richiamo a educare la società alla cultura del rispetto e della non-violenza. È un dramma che abbraccia l’Italia intera, da nord a sud, da est a ovest. Coinvolge qualsiasi età e qualunque ceto sociale. Tuttavia, la violenza non è solo il ritrovare il corpo martoriato della vittima, ci sono tutte le ferite e i dolori che precedono e accompagnano il drammatico percorso prima dell’epilogo.
La morte di Giulia Cecchetin ci ha raccontato tutto questo, con gli audio dei suoi messaggi alle amiche, con le sue foto sorridenti sui social, per averci lasciato con il respiro sospeso per un’intera settimana con la speranza di ritrovarla ancora in vita. E poi il tragico epilogo raccontato in tutta la sua cruda realtà. Le coltellate, la lotta per la salvezza, il nastro intriso di sangue, il suo ultimo percorso in vita… Tutti dettagli che ci hanno fatto vivere e rivivere ancora una volta la sua immensa lacerazione: prima nell’anima, per non aver saputo allontanarsi dal suo aguzzino nel timore che avrebbe potuto compiere un atto insano; e poi in tutta quella violenza fisica subita, da cui non è riuscita a scappare. Per un italiano su 3 (32,2%) si tratta dell’ennesimo femminicidio. Per una donna su 4 (24,5%) quest’onda emotiva che ha coinvolto l’intero Paese è strettamente connessa al fatto che non si trovino soluzioni possibili.
Tuttavia, esiste un lato ancora più sentimentale in questa vicenda, se così possiamo definirlo, che mette al centro Filippo, il suo ex fidanzato. In questo atto di violenza non ci siamo trovati di fronte a un branco di ragazzi ubriachi o drogati, siamo di fronte a un insospettabile, un “bravo ragazzo”, con apparentemente tutte le debolezze tipiche dell’età e con un pedigree che non avrebbe potuto spaventare nessuno. Mr. Hyde e Dott. Jekyll, l’ombra assassina inconscia che prende il sopravvento agendo in maniera violenta e distruttiva. Non sappiamo se ci troviamo di fronte a un caso di disturbo della personalità, ma siamo spaventati perché potrebbe essere nascosto in un amico di nostra figlia o addirittura in nostro figlio. Sicuramente il delitto è una responsabilità individuale, lo riconosce anche un italiano su due (46,7%), ma il 40,2% del target femminile è convinto che alla base di tutto ciò ci sia una cultura maschilista e patriarcale costruita in secoli e secoli di storia. La risposta più semplice e che sembra non violare alcun principio si ottiene in quella metà della popolazione (49,1%) che è convinto che la gelosia nei confronti del partner sia una manifestazione di amore, se non impone l’altrui volontà e che comunque può mostrarsi come una minaccia per una relazione se considerata essenziale dal soggetto geloso. Su questa linea abbiamo quasi il 60% della popolazione di sesso maschile e il 73,1% dei più giovani con un’età tra i 18 e i 24 anni.
Oggi, noi donne, siamo capaci di farci sentire manifestando e “facendo molto rumore”, denunciando con tutta la nostra forza la violenza di questi fatti, come è avvenuto in tutta Italia nei giorni scorsi, ma la costanza con cui avvengono questi omicidi ci fa sentire ancora una volta totalmente afone.