Ceti medi in cerca di rappresentanza
19 Dicembre 2022Amo follemente Shirley Jackson ma lo sguardo da gatta pazza mi terrorizza
19 Dicembre 2022Filosofia Croce e Berlin alle prese con il pensatore fiorentino nel saggio di Giancristiano Desiderio (Rubbettino)
di Marco Demarco
Da che parte prenderlo? Inafferrabile nei secoli, si sa che in Niccolò Machiavelli convivono moltitudini. Pur scommettendo poco sugli impulsi ideali degli uomini, era in realtà un convinto patriota. Credeva nella repubblica, cioè nella limitazione dell’autorità centrale a favore della libertà dei singoli, eppure scriveva Il principe. Confidava nella determinazione dell’uomo forte al comando, ma anche nella funzione liberatrice della società. Arrivava a considerare lecito suscitare la paura, e tuttavia suggeriva di non alimentare l’odio, perché chi lo avrebbe fatto ne sarebbe diventato l’oggetto. E sebbene fosse da molti giudicato un cinico o addirittura un sanguinario, salutò così, nell’ultima lettera, il figlio Guido: «Figliuolo mio, se tu vuoi dare contento a me e far bene ed onore a te, studia, fa’ bene ed impara; ché se tu ti aiuterai, ciascuno ti aiuterà».
Per questo Benedetto Croce parlò di «una questione che forse non si chiuderà mai: la questione Machiavelli». Quella di Croce, però, non fu una sospensione di giudizio, perché proprio lui definì meglio i termini del dilemma, se non con un punto fermo, almeno con un decisivo punto e virgola. Ciò avvenne quando vide in Machiavelli colui che per primo aveva separato la politica dalla morale, consegnando la prima a quella dimensione che l’ha resa autonoma dalla religione e che ancora potrebbe affrancarla dall’utopia. Non a caso è proprio da qui che ora prende le mosse la riflessione di un crociano di ferro come Giancristiano Desiderio. Il libro si intitola Machiavelli e il liberalismo (Rubbettino) e la tesi, sviluppata in cento pagine, quasi un viaggio ad alta velocità, è appunto quella di un rapporto diretto tra il fiorentino e il pensiero liberale.
Si parte in compagnia di Croce, si prosegue dialogando intensamente con Isaiah Berlin, e si finisce valutando con l’aiuto di entrambi la rinnovata attualità di Machiavelli, autore tra i più indagati di tutti i tempi: Il principe, tanto per dire, fu considerato un manuale per gangster da Bertrand Russel e un vademecum per statisti da Benito Mussolini. Il Machiavelli crociano, ricorda Desiderio, annuncia che il Medioevo è finito. Niente più sopramondo, amore cortese, cavalleria, angeli e demoni. Piuttosto, «una cultura nuova, dove il centro della vita umana è la terra fattasi solida e seria, nonché un uomo che ne ha coscienza con i suoi doveri». Tra i quali c’è appunto l’autonomia del potere politico «che se non è inteso e umanamente redento, rende gli uomini servi». Il Machiavelli di Berlin, invece, si spinge oltre. In questo caso, la novità non risiede nell’aver Machiavelli scoperto il volto cinico della politica, cosa che avevano già fatto Tucidide e Platone. O nell’aver intuito che in politica il delitto paga (Tacito e Francesco Guicciardini). Ma nell’aver distinto la morale cristiana da quella pagana degli antichi e individuato in quella dei Greci e dei Romani la più realistica, ovvero la più aderente alla natura umana. Il che vuol dire rimettere in campo, insieme con la fede, la speranza e la carità, valori come la gloria personale, l’amor patrio e finanche la violenza, se necessaria; e di conseguenza legittimare l’idea che fini ultimi, ugualmente sacri, possono contraddirsi reciprocamente senza che sia possibile un arbitrato razionale.
Dilemma
I fini ultimi possono contraddirsi senza
che sia possibile
un arbitrato razionale
Per Berlin questa è «una svolta di prima grandezza», «un risultato capitale». Risulta infatti scalzato il principio secondo cui da qualche parte ci sarebbe un tesoro nascosto da scoprire, un ideale universale a cui tendere. Se ci fosse questo fine unico, il problema sarebbe raggiungerlo e attuarlo, convincendo gli scettici e i riottosi. E per questa via si arriverebbe di corsa al totalitarismo. Ma proprio perché il fine ultimo non c’è, ecco che si aprono nuove prospettive. Con il pluralismo dei valori si rende necessaria la tolleranza e con essa il liberalismo. Volente o nolente — torna il dilemma — Machiavelli rivela un altro mondo.
Ora, in un tempo ulteriormente complesso, pericolosamente accelerato e nuovamente conflittuale, Desiderio ne attualizza il pensiero. Lo fa in riferimento sia all’abilità di Machiavelli nel confrontarsi con la potenza del negativo nella storia, sia al problema corrente dei falsi miti risolutori: la guerra, la tecnocrazia, lo svuotamento della rappresentanza parlamentare, lo statalismo. E questa volta con Croce più che con Berlin, avverte: «Non possiamo fondare la libertà sulle istituzioni ma, al contrario, dobbiamo fondare le istituzioni sulla libertà».