«Se verrò eletto, farò il dittatore…(pausa)…per il primo giorno solamente», così Donald Trump ha risposto alla domanda di Sean Hannity, spregiudicato giornalista super-conservatore. Siamo in Iowa, durante un rally elettorale dell’ex presidente di cinque giorni fa, non già in un film di fantapolitica. Così come non è fantapolitica la possibilità che Donald Trump possa ritornare alla Casa Bianca dopo le elezioni del novembre 2024. Pur essendo sottoposto a ben 91 capi d’imputazione, rimane il probabile vincitore delle primarie repubblicane che inizieranno il mese prossimo. Nonostante l’opposizione del Wall Street Journal (quotidiano di riferimento dell’establishment repubblicano) e dei Fratelli Koch (principali finanziatori delle cause repubblicane più estremiste), secondo Morning Consult’s Capabilities, Donald Trump è sostenuto dal 66 per cento dei partecipanti alle primarie repubblicane.
di Sergio Fabbrini
«Se verrò eletto, farò il dittatore…(pausa)…per il primo giorno solamente», così Donald Trump ha risposto alla domanda di Sean Hannity, spregiudicato giornalista super-conservatore. Siamo in Iowa, durante un rally elettorale dell’ex presidente di cinque giorni fa, non già in un film di fantapolitica. Così come non è fantapolitica la possibilità che Donald Trump possa ritornare alla Casa Bianca dopo le elezioni del novembre 2024. Pur essendo sottoposto a ben 91 capi d’imputazione, rimane il probabile vincitore delle primarie repubblicane che inizieranno il mese prossimo. Nonostante l’opposizione del Wall Street Journal (quotidiano di riferimento dell’establishment repubblicano) e dei Fratelli Koch (principali finanziatori delle cause repubblicane più estremiste), secondo Morning Consult’s Capabilities, Donald Trump è sostenuto dal 66 per cento dei partecipanti alle primarie repubblicane.
Nell’elettorato nazionale, pur ricevendo la minoranza del voto popolare, potrebbe conquistare la maggioranza dei grandi elettori dei collegi elettorali degli stati del nord-est, quelli che faranno la differenza. Ha scritto Robert Kagan (analista conservatore) il 30 novembre scorso su Washington Post, «una dittatura Trump è sempre più inevitabile». Se così sarà, quali conseguenze? Secondo Project 2025, il rivoluzionario programma politico di Trump, sia l’America che il mondo dovranno essere cambiati dalle fondamenta. Sul piano interno, usando decreti esecutivi che non richiedono l’approvazione congressuale, Project 2025 prevede che la prima decisione presidenziale riguarderà il licenziamento «di tutti i dirigenti di tutti dipartimenti e agenzie esecutive» (intorno a 50.000 persone), a cominciare da quello della Giustizia, sostituendoli con personale (già selezionato o in corso di selezione) leale al nuovo presidente e alla sua organizzazione MAGA ( Make America Great Again), che coincide con il Partito repubblicano. Questa volta, ha detto Trump a Hannity, «non mi farò imbrigliare dal deep state come avvenne nel 2016», quando accettò di chiamare alla Casa Bianca generali (come John Kelly o Mark Milley) il cui obiettivo era quello di contenere le sue decisioni (tant’è che furono poi licenziati o costretti a dimettersi). Di fronte alle probabili reazioni popolari, Project 2025 prevede di ricorrere all’Insurrection Act, una legge del 1807 che autorizza l’uso di forze militari per reprimere “azioni di disordine civile, insurrezione e ribellione”, peraltro mai usata finora. Come Trump ha promesso nel suo discorso del Veterans Day dell’11 novembre scorso, «dobbiamo liberarci una volta per tutte dei comunisti, marxisti, fascisti e delinquenti del radicalismo di sinistra che vivono come parassiti nel nostro Paese, dicendo bugie, rubando le elezioni e facendo di tutto per distruggere l’America e il sogno americano». Il Maccartismo degli anni Cinquanta del secolo scorso sarà poca cosa di fronte alla rabbia vendicativa che muove Trump. Eppure, quello fu considerato uno dei periodi più bui della democrazia americana.
Sul piano internazionale, Project 2025 mira ad abolire o ridimensionare tutti i trattati internazionali (commerciali, ambientali, militari) che non sono convenienti per l’America. Trump vuole anche rivedere le condizioni di ingaggio della NATO (con probabile disimpegno, finanziario e militare, del Paese nell’organizzazione). Per Trump, la difesa dell’Ucraina non rappresenta affatto un interesse nazionale, così come non lo rappresenta per la maggioranza repubblicana della Camera dei rappresentanti, organismo cui la costituzione ha affidato “il potere della borsa”. Dopo una guerra civile interna ai repubblicani, che ha condotto al licenziamento dello Speaker repubblicano Kevin McCarthy, il nuovo Speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson, trumpiano di ferro, ha appena rifiutato di considerare la proposta della Casa Bianca di costituire un Fondo speciale di 106 miliardi dollari per finanziare l’Ucraina e Israele, oltre che il muro tra Texas e Messico richiesto da alcuni membri del suo partito. Trump vuole un’America isolazionista (ma non neutrale, perché vicina alla Russia di Putin, come ha rilevato Edward Luce sul Financial Times del 5 ottobre scorso), impegnata in una politica transazionale con la Cina, contraria ad accordi commerciali multilaterali, disinteressata all’Europa. La stessa demonizzazione del presidente ucraino Volodymir Zelensky da parte dei leader MAGA (Vivek Ramaswamy, candidato super-trumpiano delle primarie repubblicane, lo ha definito il “Papa dei nemici dell’America”) è una dimostrazione del disinteresse verso le vicende europee. Un mondo senza l’America è una manna dal cielo per i dittatori di tutto il mondo, a cominciare da quelli (cinesi, russi, iraniani) che hanno le armi nucleari per imporre i loro interessi (e le loro credenze). Conseguenze inimmaginabili ci stanno aspettando dietro l’angolo. Naturalmente, nella storia, nulla è inevitabile, come Robert Kagan sa. Il sistema costituzionale americano di multipli controlli e bilanciamenti è ancora intatto. Così come pluralista è la società civile del Paese. Più di due secoli di democrazie non si cancellano in una notte. Tuttavia, le illusioni non bastano per fermare la degenerazione democratica, tanto meno per fuggire dalle proprie responsabilità. Come continuano invece a pensare gli europei. Che perdono mesi per concordare la riduzione annuale dell’indebitamento nazionale, ma non si pongono il problema di come costruire una difesa europea con l’indebitamento comune. Contrariamente alle auto a guida autonoma, quella democratica, però, non procede senza conducente.