Serena Riformato
Dall’incontro di ieri fra gli ottantacinque rettori italiani e la ministra dell’Università Anna Maria Bernini a Palazzo Rondanini emerge un sentimento condiviso: non sottovalutare, né esasperare i recenti episodi di proteste anti-israeliane, spesso sfociati in manifestazioni di intolleranza intransigente.
Nella Crui, la Conferenza dei rettori, nascerà un gruppo di lavoro all’interno del quale gli atenei potranno condividere «le buone pratiche». Confrontarsi, capire cosa funziona per mantenere il difficile equilibrio fra la libera espressione del dissenso e il rifiuto di qualsiasi violenza. Nessuno dei rettori chiede un maggiore coinvolgimento delle forze dell’ordine o un rafforzamento dei presidi. La valutazione degli atenei è che gli strumenti per contenere i momenti di tensione esistano già: ogni ateneo può contattare il questore competente territorialmente in caso di necessità. Saranno loro, i rettori, a decidere eventuali misure. Per questo, all’uscita della riunione, la ministra Bernini ribadisce il concetto: «Negli atenei è massima la libertà di espressione e di pensiero con il limite, unico, della violenza. A quel punto saranno i rettori, che hanno ringraziato le forze dell’ordine, a stabilire quando e dove chiederne l’intervento».
In linea con la nota dei rappresentanti degli atenei: «La Crui ribadisce che la violenza contraddice l’essenza stessa dell’università, sede naturale del pensiero critico, e rinnova la propria ferma condanna per qualunque atto teso a silenziare con la prevaricazione l’opinione altrui». E poi ancora: «Gli atenei sono comunità» che «generano e trasmettono nuovo sapere, fondato sul confronto, anche aspro e determinato, fra tesi diverse. Argomentate e non gridate». L’ipotesi di limitare gli accessi – magari per distinguere fra gli studenti e i manifestanti esterni – rimane fuori dal dibattito. «Sarebbe impensabile», commenta Tomaso Montanari, rettore di Siena: «L’università è uno spazio pubblico, persino le lezioni sono aperte per legge, figuriamoci gli altri eventi». Secondo lo storico dell’arte, poi, «non c’è un’emergenza, ma una sovrarappresentazione mediatica delle proteste».
Qualche limitazione, come strascico del caso Molinari, alla Federico II di Napoli ci sarà. «Il clima è sereno – spiega il rettore Matteo Lorito – certo tutto è un po’ più complicato, d’ora in poi faremo eventi con prenotazioni e inviti, e questa è la conseguenza più triste». Aspetti più che altro organizzativi, ma nessuna chiusura: «Massima apertura – aggiunge il professore – massimo dialogo, dobbiamo fare sì che gli episodi di intolleranza come quello avvenuto a Napoli non ci siano».
Una linea nazionale per tutti gli atenei non è una possibilità: «Il punto fermo di tutta la discussione – specifica Tomaso Montanari – è che ogni università è autonoma, né la Crui né il ministero hanno il desiderio di imporre una linea». Vale anche per il dibattito sulle collaborazioni con gli istituti israeliani. Per questo, della decisione dell’Università di Torino di non partecipare al bando Maeci per la cooperazione scientifica con Israele nella Conferenza si parla appena, l’unica vera menzione è nell’intervento del rettore torinese Stefano Geuna. Per il professor Montanari (che pure pensa che «l’ultima cosa da fare sia rompere con le università israeliane»), la questione è semplice: «Rispettiamo la scelta di Torino, a prescindere dalla condivisione nel merito». Il rettore di Pisa Riccardo Zucchi insiste su una distinzione: «È aperta una riflessione sul tema dell’antisemitismo per chiarire un concetto: criticare alcuni atti dell’attuale governo israeliano non è azione di antisemitismo o mancanza di rispetto della comunità ebraica, bisogna distinguere i popoli dalla critica di certi atti».
Una lettera aperta al presidente del Consiglio e al ministro per l’Università e la Ricerca, promossa dall’associazione Setteottobre e firmata a oggi da oltre 130 universitari, invece vede «un gravissimo allarme per gli episodi di antisemitismo che costellano, dal 7 ottobre in poi, la vita delle università italiane». Il presidente del gruppo Stefano Parisi li elenca: «Dopo la parola negata a due giornalisti ebrei, alla Sapienza di Roma e alla Federico II di Napoli, la decisione dell’Università di Torino di non partecipare al bando di collaborazione scientifica con gli atenei israeliani». Il consigliere di Milano Daniele Nahum accusa il suo ex partito, il Pd: «Elly Schlein si è espressa sulla vicenda? Silenzio totale».