Sempre più povero e con meno figli L’immigrato? Non è una minaccia
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18 Ottobre 2023di Massimo Franco
La «manovra blindata» del governo, come la definiscono polemicamente le opposizioni, più che un atto autoritario è un gesto difensivo e quasi estremo. Perché non mira a zittire minoranze bellicose, quanto a impedire che la manovra finanziaria venga presa d’assalto dal resto della maggioranza, complicando ulteriormente il tentativo di contenere la spesa. Per questo, l’accusa di volere zittire il Parlamento magari segnala un problema reale; ma soprattutto cerca di additare la contraddizione di una destra che in passato accusava i governi di comprimere il dibattito parlamentare.
E tuttavia sembra sottovalutare l’altro aspetto, più politico, che non è solo «di metodo» come hanno rimarcato i berlusconiani. Le tensioni, pur sotto traccia, tra il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il suo leader Matteo Salvini in tema di pensioni sono la conferma di una discussione serrata; e non ancora conclusa. Il fatto che il capo leghista accrediti fondi per l’inizio dei lavori di costruzione del ponte sullo Stretto di Messina è indicativo.
Salvini continua a dare per scontata la realizzazione di un’opera sulla quale l’esecutivo si mostra scettico per mancanza di una copertura finanziaria. Ma questo vale anche per altri progetti, accarezzati da tutte le forze della coalizione e costretti a rimanere nel cassetto. È comprensibile. Il tentativo della premier Giorgia Meloni e di Giorgetti, confermato dal vicepremier Antonio Tajani, è di rassicurare i mercati finanziari sulla tenuta dei conti. Cerca di attenuare l’impatto che le misure, realizzabili solo con un aumento del deficit, siano accolte negativamente.
La maggioranza teme che altrimenti si accentui l’impressione di un governo italiano rassegnato all’impossibilità di ridurre il debito; e puntellato soprattutto da una situazione internazionale così grave da scoraggiare qualunque instabilità in Europa: tanto più sul fronte mediterraneo. A questo si aggiunge l’impotenza di opposizioni che attaccano Palazzo Chigi in modo rumoroso ma sterile. E sottolineano senza volerlo la scarsa credibilità,oltre che l’impossibilità politica, di qualunque esecutivo alternativo all’attuale.
Rimane un’incertezza latente, acuita da conflitti e terrorismo che modificano in continuazione lo sfondo, facendo apparire arretrate soluzioni trovate faticosamente poco prima. L’emblema di questa sfasatura è la strategia sui flussi migratori. Sembrava avere trovato un punto fermo negli accordi tra Commissione Ue e Tunisia, promossi dal governo Meloni. Ma ieri FdI ha rilanciato la richiesta all’Ue di promuovere «un blocco navale» come unica soluzione del problema: un implicito riconoscimento che quelle intese non stanno funzionando.