Esperienze di collezionismo nelle raccolte della Banca Monte dei Paschi di Siena e della Fondazione Banca Agricola Mantovana
3 Aprile 2024NEWS
3 Aprile 2024di Pierluigi Piccini
Sul suo blog Sergio Staino si definiva “disegnatore, scrittore, regista e operatore culturale. Anima inquieta della sinistra marxista”. Ovvero, uno di quegli uomini che vivono la vita con impegno, nel tentativo di lasciare il mondo un po’ meglio di quando si è nati. Non a caso la sua satira era intrisa di buonsenso: dietro lo sberleffo, l’autoanalisi urticante, il cinismo utile, apparivano sempre una soluzione, un punto di vista etico. Staino corrispondeva benissimo alle parole di Guccini, nel suo brano “Gli amici”: «Non siam razza d’artista, né maschere da gogna e chi fa il giornalista si vergogna». erano E grandi amici lo erano davvero, il disegnatore pianese (trasferitosi a Scandicci) e il cantautore di Piavana: in piena pandemia, organizzarono insieme la festa per i reciproci 80 anni. Staino era forse il giornalista che si vergona (ha diretto l’Unità), sicuramente un comunista pentito (e ancor di più di non essersi pentito abbastanza in tempo) sempre critico a partire da sé stesso, fin da quando, giovanissimo, insegnava a scuola (si laureò in architettura a Firenze). Proprio la scuola e Piancastagnaio si legano a doppio filo con Staino che è mancato pochi mesi fa, nelle stesse ore in cui il suo paese natale celebrava la manifestazione conclusiva di Penne e video sconosciuti, il concorso aperto alle scuole di tutta Italia. Tra giornali e video di classe l’emeroteca pianese è un grande patrimonio culturale e, giustamente, verrà titolata a Staino, che pure gli aveva dedicato un fumetto. Un giusto ricordo per chi, oltre a dirigere il giornale fondato da Antonio Gramsci è stato presidente del Premio Tenco nonché animatore di accesi dibattiti nella sinistra italiana, restando quasi sempre in minoranza, da indomito agitatore (culturale e politico). Un ricordo che non deve trascendere in beatificazione (non c’è niente di peggio per un satirico). La memoria invece serve, per l’attitudine a correggere i costumi ridendo, basandosi sulla sovrapposizione tra passato e presente, alto e basso, mettendo insieme Marx e Topolino, il Pci e il Pd. Giustamente i figli Ilaria e Michele, la moglie Bruna, cioè gli eterni personaggi delle strisce di Bobo, hanno definito un modo perché Sergio Staino, la sua vita, il suo percorso, siano a disposizione di tutti. La fondazione Staino punta alla digitalizzazione di un percorso umano e artistico diverso da ognuno, perché corrisponde alla capacità tutta progressista di dubitare in principio di sé stessi, alla consapevolezza che a un politico scarso corrisponde un cittadino confuso o colluso. Massimi sistemi accanto a storie piccine e argute, minima moralia, impersonate da Molotov, Sergio, Bibi, Ilaria… attori fragili e buffi di un mondo in cui l’unico gesto politico è il proprio (e quindi fonte di incertezza). È giusto che l’opera omnia di Sergio Staino finisca in rete, per di più con il titolo di Satira e sogni: senza gli uni, non c’è l’altra (e viceversa). Del resto, senza di lui saremmo stati tutti un po’ meno allegri e un po’ meno sognatori. Stiamo parlando di un uomo che negli anni Ottanta inizia a disegnare vignette per Il Messaggero e l’Unità. Nel 1986 fonda e dirige Tango, che esce con l’Unità (nel 1987, per Rai 3, anche il programma Teletango). Successivamente, sempre in Rai, crea Cielito lindo, un varietà satirico condotto da Claudio Bisio e Athina Cenci. Nel 2007 realizza Emme, “periodico di filosofia da ridere e politica da piangere”, altro supplemento settimanale dell’Unità, di cui diventerà direttore nel 2016. Collabora anche con Avvenire, La Stampa e Atlante, il magazine online di Treccani.it. Da ricordare anche la sua sceneggiatura in due film: Cavalli si nasce (1988) e Non chiamarmi Omar. Tra le sue pubblicazioni più recenti il romanzo satirico, a fumetti, Alla ricerca della pecora Fassina (Giunt), il libro Il Pesce con Silvio Greco (Slow Food) e le illustrazioni per il libro Mamma quante storie di Andrea Satta (edizioni Enciclopedia Italiana) e Quel signore di Scandicci (Rizzoli Lizard). Su di lui è stata edita la biografia Io sono Bobo, scritta dai giornalisti Laura Montanari e Fabio Galati (Della Porta Editori). Da tutto ciò emerge un atteggiamento critico nei confronti della vita, ma anche la capacitò di affrontarla con ironia e sarcasmo che diventa un esercizio utile per tutti. Per questo Piancastagnaio, oltre a una lapide, potrebbe dedicare uno spazio interattivo a Bobo: non tanto per celebrare un figlio importante del Comune, quanto per mantenere viva la capacità di interpretare, con il sorriso, noi stessi la realtà che ci circonda.