Arriva il sì all’Ops ma con condizioni: uscire dalla Russia in 9 mesi e non ridurre gli sportelli L’istituto adesso vaglierà se le prescrizioni rendono ancora conveniente l’operazione
di GIUSEPPE COLOMBO e GIOVANNI PONS
Il governo alza l o scudo del golden power contro Unicredit. Succede tutto durante la riunione del Consiglio dei ministri chiamata a decidere sull’offerta lanciata dalla banca guidata da Andrea Orcel per l’acquisizione di Banco Bpm. A dodici giorni dalla scadenza, l’esecutivo sceglie di esercitare i poteri speciali «a tutela di interessi strategici per la sicurezza nazionale», come riporta la nota diffusaal termine del Cdm. È un sì condizionato alla «imposizione di specifiche prescrizioni».
A fare da bussola alla discussione a Palazzo Chigi è l’istruttoria dei tecnici del Dipartimento per il coordinamento amministrativo della presidenza del Consiglio (Dica). Nel testo che arriva sul tavolo dei ministri sono riportate condizioni stringenti sugli sportelli e sull’uscita di Unicredit dalla Russia. Quando il documento finisce nelle mani di Antonio Tajani, la contrarietà del leader di Forza Italia è netta. «Così non va», è il giudizio che consegna a Giorgia Meloni e Matteo Salvini durante un vertice a tre che precede il Cdm. Ma il leader della Lega tiene il punto: l’obiettivo, spiega, è tutelare i lavoratori delle filiali del Banco presenti in Lombardia e Veneto, territori prioritari per il Carroccio, oltre che in Piemonte. La premier è in affanno. «Oggi abbiamo una bella grana»,confida a un ministro. La palla passa al Consiglio dei ministri. Tajani parla a nome dei colleghi di FI: «Andiamo avanti — dice — ma a nome della delegazione di Forza Italia metto a verbale la nostra contrarietà ». I toni si accendono. Alcuni presenti alla riunione riferiscono che il vicepremier azzurro è arrivato a minacciare le dimissioni, ma le voci non trovano conferma nel partito, dove però si mettono in evidenza «grosse riserve sulla base giuridica del golden power». In ogni caso, le divisioni nel governo impattano sulla decisione finale. Il testo viene ammorbidito nella parte dedicata alla Russia: la richiesta di lasciare il Paese «al più presto», come indicato nelle carte dei tecnici, lascia spazio a un termine di 9 mesi, entro gennaio dell’anno prossimo. Non cambiano, invece, le prescrizioni sulle filiali. I vincoli, spiegano fonti dell’esecutivo, riguarderebbero aggregazioni e chiusure: Unicredit verrebbe obbligata a non modificare il numero complessivo degli sportelli. In caso di eccessiva concentrazione, invece, toccherebbe all’Antitrust intervenire. A tarda sera è arrivata la prima reazione ufficiale dell’istituto: «L’offerta — spiega la banca — è approvata con prescrizioni il cui merito non è chiaro» e dunque «Unicredit si prenderà il tempo necessario per valutare la fattibilità e l’impatto delle prescrizioni sulla società, sui suoi azionisti e sull’operazione di M&A, relazionandosi, se del caso, con le autorità competenti». Il team di legali di Unicredit analizzerà nei dettagli il dispositivo nel weekend. Il punto più critico sembra essere l’uscita dalla Russia dove Unicredit ha ridotto quasi a zero l’attività ma non ha ancora venduto la banca che è iscritta a bilancio per 2,8 miliardi di euro. Una perdita insostenibile e che potrebbe indurre anche a un passo indietro dall’Ops sul Banco Bpm.