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Unicredit ha deciso di ritirare l’offerta pubblica per acquistare Banco Bpm. Dopo mesi di trattative, incertezze e ostacoli, la banca guidata da Andrea Orcel ha rinunciato, accusando il governo di aver alterato le regole del gioco attraverso il “golden power”, una misura usata per bloccare operazioni ritenute sensibili. In questo caso, però, si trattava di due banche italiane, e la mossa è sembrata più politica che tecnica. Il governo, e in particolare il ministro Giorgetti, ha così ottenuto ciò che voleva: proteggere Banco Bpm, banca considerata vicina alla Lega.
La Consob aveva provato a rallentare il processo, concedendo più tempo a Unicredit, ma senza un chiarimento da parte del governo e senza un nuovo decreto, la banca non poteva continuare. Alla fine, Orcel ha preferito ritirarsi, parlando di un’offerta resa impossibile da troppa incertezza.
Intanto Banco Bpm torna libera dopo nove mesi di stallo. Il consiglio di amministrazione può ora tornare a muoversi, e l’attenzione si sposta su Crédit Agricole, primo azionista della banca, che ha chiesto di salire oltre il 20%. I francesi, finora molto discreti, potrebbero rafforzare la loro posizione senza trovare ostacoli politici, a differenza di Unicredit.
Nel frattempo, resta sullo sfondo l’idea del “terzo polo bancario”, un progetto per creare un nuovo grande gruppo alternativo a Intesa e Unicredit. Per ora è fermo, ma qualcosa si muove. Monte dei Paschi, impegnata su Mediobanca, resta un nodo importante. Alcuni investitori stanno salendo nel capitale, segno che l’interesse c’è. Anche in Mediobanca ci sono movimenti tra i soci.
In sintesi, Unicredit ha perso la battaglia, il governo ha vinto, ma il prezzo è stato un mercato più chiuso e politicizzato. E le grandi manovre bancarie, anche se rallentate, non sono affatto finite.