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9 Novembre 2023Eventi Ad Arezzo per i 450 anni dalla morte dell’architetto, pittore e primo storico dell’arte una grande mostra a cura di Cristina Acidini e Carlo Sisi e poi itinerari vasariani anche fuori porta
di salvatore Mannino
«Giorgio — scrive Michelangelo in una delle sue lettere a Vasari — si ho nulla di buono nell’ingegno, egli è venuto dal nascere nella sottilità dell’aria del vostro paese d’Arezzo». Rientra nelle cose dunque che sia proprio Arezzo, patria comune, a dedicare una mostra che sarà più di una mostra, nel 450° anniversario della morte, il 2024, a uno dei più grandi fra i suoi personaggi illustri, Giorgio Vasari appunto.
La macchina organizzativa è già in moto per un evento che si annuncia fra i maggiori dell’anno, con un comitato scientifico in cui spiccano i due curatori, Cristina Acidini e Carlo Sisi. C’è anche un titolo, sia pure provvisorio, Giorgio Vasari, il teatro delle virtù , e l’intenzione di affrontare tutte le sfaccettature di una figura poliedrica: architetto, pittore, letterato, biografo da autore delle Vite , il vero atto di nascita della storia dell’arte. La sede sarà quella della Galleria comunale d’arte contemporanea, in piazza San Francesco, nel palazzo che fu del Grand Hotel Chiavi d’Oro in cui alloggiavano i viaggiatori del Grand Tour, da Nathaniel Hawthorne a Henry James, a fianco di un capolavoro del Rinascimento come il ciclo di affreschi della Vera Croce di Piero della Francesca. L’idea dei curatori ma anche quella cui sta lavorando la fondazione Guido d’Arezzo, diretta da Lorenzo Cinatti, in cui è confluita l’attività culturale del Comune, è quella di andare oltre la mostra vera e propria, che avrà per tema centrale l’allegoria, uno dei motivi ispiratori di Vasari, e di allargarsi in un percorso che comprenderà tutto quanto il grande Giorgio ha lasciato alla città che lo vide nascere nel 1511 e in cui è sepolto, nella chiesa della Badia, anch’essa a due passi da San Francesco.
La stessa Badia, dunque, che conserva sue opere straordinarie come l’altare centrale e la Pala Albergotti , l’altra chiesa della Santissima Annunziata, in cui si trova una giovanile Deposizione , il Museo Medioevale, con la gigantesca tela della Cena di Ester e Assuero , ma soprattutto la Casa-museo che Vasari volle come un monumento a se stesso in Contrada San Vito, ora via XX Settembre, progettandola e affrescandola personalmente. Senza dimenticare le architetture da lui lasciate in città: il palazzo delle Logge di piazza Grande, realizzato sulla base dei suoi disegni, e la parte più alta, con l’orologio, dell’attiguo Palazzo di Fraternita. Nell’itinerario rientreranno pure i capolavori realizzati nel monastero di Camaldoli, che ospita una Deposizione della maturità insieme ad altri cinque dipinti, ma anche a Cortona, Castiglion Fiorentino e Monte San Savino.
Inutile dire, però che il cuore sarà quello della Galleria di piazza San Francesco, dove sono in arrivo dipinti da molti grandi musei del mondo. Per ora siamo ancora alle richieste selezionate dai curatori, che hanno messo nella loro lista tra le altre l’Allegoria della giustizia di Capodimonte, l’Allegoria dell’Immacolata Concezione degli Uffizi, l’Allegoria della carità di Casa Vasari, gli affreschi staccati da Casa Altoviti, conservati nel romano Palazzo Venezia, il San Gerolamo del Chicago Art Institute, le Quattro virtù della Cassa di Risparmio di Firenze. Si vedrà poi quante e quali saranno le opere effettivamente in mostra, accompagnate da quelle di contemporanei come Francesco Salviati, Giovanni Stradano e il Poppi.
Il filo conduttore è appunto quello dell’allegoria, «figure di entità spirituale che rappresentano principi morali», scrivono i curatori: un concetto caro al tardo Rinascimento, un predominio delle immagini sul testo posto al servizio del Granduca Cosimo de’ Medici, il grande protettore del Vasari, e anche un tema di stringente attualità, è la postilla, in un’epoca, la nostra, in cui domina la propaganda per immagini, pure quale autorappresentazione del potere. Per questo, la mostra intende allargarsi anche al multimediale, come contributo a capire meglio le opere. «Non possiamo certo — spiega Cinatti — sradicare gli Uffizi (un altro capolavoro di Vasari, insieme al Palazzo di piazza dei Cavalieri a Pisa che ospita la Normale ndr. ) — e portarli qui, ma sicuramente rientreranno in una rappresentazione virtuale». Nelle intenzioni della fondazione c’è anche quella di aprire il celeberrimo Archivio Vasari, al centro per anni di una feroce battaglia legale fra i proprietari, gli eredi Festari, e lo Stato, poi risolta con l’esproprio, non senza che prima ci fosse stata una favolosa offerta di 150 milioni da parte di un oligarca russo, Vassily Stepanov, di cui non si è mai capito quanto fosse reale. Ad Arezzo quelle carte, la corrispondenza fra Vasari e i grandi del suo tempo, fra i quali Michelangelo che all’amico Giorgio inviò anche un sonetto, non le ha mai viste nessuno. I pezzi più pregiati, le lettere di Papi, artisti e letterati del Rinascimento, il più noti dei quali è Annibal Caro, traduttore dell’Eneide , dovrebbero essere esposti a Casa Vasari, dove sono conservate in un armadio di ferro impenetrabile e invisibile. Documenti preziosi, esposti in una sola occasione, nel 2016 a Firenze in Palazzo Medici Riccardi. Ultima chicca, ma ancora siamo nel campo delle ipotesi, quella del ritorno della Chimera , scoperta ad Arezzo nel 1533 e subito reclamata da Cosimo I a Firenze, dove ora è sistemata nel Museo Archeologico. Il Granduca volle il maestoso bronzo etrusco (e ci mise i suoi buoni uffici anche Vasari) come metafora dell’antichità e dell’autonomia della Toscana rispetto al potere dei Papi, gli aretini la reclamano da almeno un secolo. In città è tornata per mostre temporanee, potrebbe essere così anche stavolta. Ci sono già contatti fra il Comune e il governatore Eugenio Giani perché si faccia garante di un nuovo rientro a tempo.
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