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Fu il rifugio nel quale Giorgio Vasari ritrovò la tranquillità funestata da una serie di disgrazie familiari e dei suoi potenti protettori ed è pure uno dei luoghi in cui è conservato uno dei lasciti maggiori delle sue opere. La quiete dopo la tempesta, viene da dire del suo soggiorno al monastero di Camaldoli, alto Casentino, che rende omaggio adesso al 450° anniversario della morte dell’autore delle Vite , con una mostra, non a caso intitolata Quiete e rinascita , che va ad aggiungersi a quelle che sono in corso ad Arezzo. Un evento nel corso del quale sarà possibile ammirare i maestosi dipinti che il grande Giorgio realizzò, in due fasi ben distinte della sua vita, nella chiesa e in altri ambienti del monastero, compreso quello che in pochi hanno mai visto perché è conservato nei locali della clausura. Un inedito che dà ancora più valore per gli appassionati alla mostra che apre oggi al pubblico.
Opere quali la Deposizione o la Natività , nota anche come La notte di Camaldoli sono autentici capolavori. In tutto sono 16 i dipinti esposti nella mostra, curata da Dom Ubaldo Cartoni, bibliotecario archivista e dallo storico dell’arte Michel Scipioni. All’inaugurazione di oggi parteciperanno il presidente della Regione Eugenio Giani e il priore generale dell’ordine camaldolese Dom Matteo Ferrari. Ci sarà anche il sindaco di Poppi, nel cui territorio si trovano monastero ed eremo, Federico Lorenzoni. Pezzo forte, perché in pochi hanno avuto la possibilità di ammirarlo dal vivo è L’orazione nell’orto , che per l’occasione è stata spostata per la prima volta in quattro secoli e mezzo dalla cappella dell’infermeria del complesso monastico, dove vige la più stretta clausura, alla bibliotechina dell’Antica Farmacia, una delle zone a maggior frequentazione turistica. Nella vicina biblioteca del complesso monastico è stata invece allestita una sala con pannelli illustrativi e di ricostruzione storica, mentre nel coro del monastero restano le predelle che completavano la Deposizione : sarebbe anche quella clausura ma per l’occasione è stata aperta al pubblico. I dipinti di maggiori dimensioni, quelli della chiesa di Camaldoli, saranno visitabili direttamente in loco, in un ambiente di grande suggestione, che da solo suggerisce il fascino di una «capitale» del silenzio.
E fu appunto il silenzio a restituire all’ancor giovane Giorgio la serenità perduta (da cui il titolo) con la morte del padre, che lo aveva quasi ridotto alla rovina economica con pensieri di suicidio, e con quella dei due membri della famiglia Medici sotto la cui ala era cresciuto a Firenze, il cardinale Ippolito e il Duca Alessandro, assassinato quello stesso anno. Quando nel 1537, a 26 anni, Vasari approda a Camaldoli, è un uomo depresso, provato dalle vicissitudini. Il periodo che trascorre nella calma del monastero lo restituisce alla vita e gli consente di realizzare uno dietro l’altro dipinti come la Madonna con bambino , la Notte di Camaldoli e, soprattutto, la Deposizione . Quest’ultimo capolavoro viene collocato in un altare circondato da tredici predelle raffiguranti santi e scene sacre. L’altare sarà poi demolito a fine Settecento e le predelle disperse: ora ne sono state recuperate dieci che sono in mostra insieme a una ricostruzione in 3D dell’intero ambiente originario.
Un monastero, sia detto per inciso, dal quale il giovane Giorgio spicca letteralmente il volo: ci arriva da giovane artista con protettori potenti ma che ancora deve trovare la sua dimensione, ne esce da pittore affermato, le cui opere vengono portate a modello del tardo Rinascimento, pronto a raggiungere Roma e le altre capitali del Cinquecento, dove la sua fama si consoliderà definitivamente. È lui stesso a parlarne diffusamente nei suoi scritti autobiografici, alcuni dei quali sono esposti in mostra, e che rappresentano un corpus altrettanto importante della pittura sulla sua arte poliedrica.
D’altronde, sarà lo stesso Vasari a tornare ormai anziano nella Camaldoli della sua resurrezione giovanile, carico ormai di gloria e di successi nelle corti rinascimentali. È in questa ultima fase, fra il 1571 e il 1572, alla vigilia della morte del 1574, che realizza L’orazione nell’ort o, ora fuori dalla clausura e un’altra pala d’altare per la chiesa dell’Eremo, che si trova qualche chilometro più in alto del monastero. Andrà perduta, forse in un incendio, alla fine del Seicento.
«Camaldoli — spiega uno dei due curatori della mostra, lo storico dell’arte casentinese Michel Scipioni — è il punto di svolta nella parabola artistica di Vasari. Le prime opere che vi realizza, la Madonna col Bambin o e la Natività appartengono a una fase ancora giovanile, mentre la Deposizione testimonia già della piena maturità, molto più bella del soggetto analogo dipinto pochi anni prima per la chiesa aretina della Santissima Annunziata. Tra l’arrivo al monastero e la realizzazione della Deposizione passano solo tre anni, ma l’evoluzione artistica è evidentissima. Tanto che da lì Vasari comincia a ricevere committenze che non cesseranno mai per tutta la vita».
Camaldoli ma non solo Camaldoli, perché per la prima volta viene affrontato il tema dell’attività svolta da Vasari in tutto il Casentino. Per i visitatori sarà disponibile una cartina scaricabile on line che consente di seguire un percorso sulle tracce di Giorgio e dei pittori che a lui si sono ispirati, a cominciare dal locale Francesco Morandini, meglio noto come il Poppi. Previsto anche un ciclo di conferenze nel salone delle feste del dantesco Castello dei Conti Guidi di Poppi che del Casentino è forse il simbolo più conosciuto.