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Il tanto atteso incontro di Istanbul tra Russia e Ucraina si è rivelato un fallimento annunciato. Né Putin né Zelensky si sono presentati al tavolo delle trattative. La Russia ha inviato una delegazione tecnica, simile a quella del fallito negoziato del 2022, mentre l’Ucraina, inizialmente più disponibile, ha presto abbandonato i lavori definendoli «una farsa».
I segnali di tensione erano già evidenti: un caccia russo ha violato lo spazio NATO, mentre sul campo continuavano i bombardamenti. Mosca ha ribadito le sue vecchie richieste – Crimea e “denazificazione” – mostrando di non avere reale interesse a un accordo. Zelensky, invece, ha proposto un cessate il fuoco di 30 giorni come base per una pace giusta, ma ha denunciato l’assenza di veri interlocutori da parte russa.
Anche il ruolo degli Stati Uniti è apparso incerto. Il presidente americano ha detto che nulla si muoverà finché non ci sarà un incontro diretto con Putin. Intanto, nel suo stesso partito cresce la spinta per nuove sanzioni contro Mosca, mentre l’Europa cerca un fronte comune.
Il vertice, nei fatti, ha mostrato solo la distanza tra le parti. La guerra continua e le trattative restano bloccate. L’unico risultato è aver reso evidente, ancora una volta, chi vuole davvero negoziare e chi usa il dialogo solo come copertura.