Klee e Kandinsky, Mirò e Matisse, Duchamp e Mondrian Dal Philadelphia Museum cinquanta opere di venti maestri per celebrare le avanguardie storiche del secolo scorso
di Fulvio Paloscia
pisa
L’immagine che Palazzo Blu ha scelto come “claim” della nuova mostra Le Avanguardie. Capolavori dal Philadelphia Museum of Art, è un dipinto di Kandinskij con 100 anni esatti di vita dietro le spalle. Tra le cinquanta opere esposte di venti maestri del fermento artistico che va dall’inizio del Novecento fino agli anni Quaranta — ovvero il momento ribollente delle avanguardie storiche, riflesso di climi politici e sociali contraddittori sospesi tra conquiste e barbarie — Cerchi in un cerchio esprime ancora la sua forza, la sua vitalità, un’enigmatica tensione. E spinge alla domanda che, spiega il consulente scientifico Stefano Zuffi, è alla base della mostra: «Cosa ci stanno continuando a dire queste opere che hanno avuto come scenario un accavallarsi di eventi così rapido e drammatico da imporre anche all’arte una continua accelerazione? Cosa scaturisce oggi da questi artisti mossi dal desiderio di confrontarsi con un mondo che si faceva sempre più ampio, dove non c’erano più singole capitali a fare da catalizzatrici (vedi la predominanza di Parigi) ma occorreva mettersi in moto e viaggiare per andare in contro alle realtà più diverse?».
La lenta dissoluzione della Belle Époque, la radicale messa in discussione del mondo borghese, l’indagine freudiana nelle inquietudini più profonde della psiche, i due conflitti mondiali, i totalitarismi sono i contesti in cui si rivelano artisti come Klee, Kandinsky, Mirò, Delaunay, Matisse, Duchamp, Mondrian, tutti presenti in un’esposizione (prodotta dalla Fondazione Palazzo Blu e da MondoMostre) che appare davvero come un’enciclopedia “tascabile” dei miti che hanno sconvolto e travolto l’arte del secolo scorso. La prima pagina è scritta dall’Autoritratto di un Picasso venticinquenne ( 1906) che, nel gesto di stringere una tavolozza, gli occhi rivolti verso un enigmatico futuro, sembra intravedere all’orizzonte la drammaticità di un secolo con cui l’arte dovrà necessariamente sporcarsi le mani, e il ruolo decisivo, vaticinante che sarà svolto da chi la pratica. L’opera avvia un percorso la cui costante — seppure nella diversità che corre ad esempio tra l’austero astrattismo geometrico di Mondrian e la luce mediterranea nei dipinti di Matisse — richiama « al compito dell’artista di indicarci i valori dell’esistenza. Ma anche la brutalità che l’arte subisce nella sua fragilità materiale — spiega Zuffi — Però è nel linguaggio che rimane fortissima, ed è per questo che le dittature hanno visto nelle avanguardie storiche rivali pericolosissimi, un nemico da osteggiare o da deridere, come accadde con l’arte degenerata » . Allora, vale la pena soffermarsi davanti alla drammatica Crocifissione dipinta da Marc Chagall nel 1940, che appare come un pianto per la Shoah: è uno scialle da preghiera, infatti, a cingere i fianchi del Cristo invece del tradizionale perizoma, sostituzione che sottolina l’identità ebraica di Gesù. E il suo sacrificio diventa il sacrificio di un intero popolo. Ad alimentare il senso di libertà ( creativa e non solo) che anima Le Avanguardie, la provenienza delle opere, ovvero il Philadelphia Museum of art, istituzione di una città che — ricorda il curatore della mostra, Matthew Affron — « ha avuto un ruolo determinante nell’offrire una via di scampo agli artisti invisi ai regimi perché indipendenti nel pensiero e nell’emozione » . Potente dunque l’ultima opera in mostra, Volo, scultura concepita da Jacques Lipchitz in una sosta a Tolosa durante la sua fuga da Parigi, nel 1940, per la militanza antifascista. La fusione in bronzo delle due figure umane unite in un unico corpo danzante avvenne in America, dove l’artista trovò salvezza. Stesso destino di Chagall.
Aperto al pubblico nel 1928, nel tempo il museo americano si è arricchito di opere provenienti da collezioni di privati cittadini fino a diventare un riferimento d’eccellenza dell’arte contemporanea. Pisa gli dedica una mostra complessa da organizzare, sottolineano il presidente della Fondazione Palazzo Blu Cosimo Bracci Torsi e Stefano Del Corso, presidente della Fondazione Pisa. Tanto che ha reso necessaria una stretta nei tempi di ristrutturazione, per garantire alle opere una consona ospitalità: nuovo impianto di climatizzazione, nuova illuminazione d’ultima generazione, nuove e ampliate pannellature in cartongesso ad alta resistenza, ed un’amplificazione che offre alla mostra un’adeguata colonna sonora.