VERONA
Immagino che a Trump farebbe molto comodo una politica di divide et impera nei confronti dell’Europa. Ma noi dobbiamo restare compatti». Nel bagno di folla del Vinitaly – se i selfie fossero voti sarebbe già al quarto mandato – Luca Zaia sottolinea il suo «sono europeista», ma chiede anche all’Europa di non aprire una guerra di religione di fronte all’offensiva sui dazi degli Stati Uniti.
Zaia, è l’Italia o l’Europa che deve rispondere?
«L’Europa. Anche se sento alcune voci che fanno di Trump il nostro nemico numero uno».
E non lo è?
«No. Io mi ricordo sempre che se siamo qui oggi è perché sono venuti gli americani a liberarci. Con Trump bisogna trattare e assicurarsi che, se si prenderanno contromisure, queste siano bencalibrate per evitare un effetto boomerang di cui non abbiamo proprio bisogno. Anche l’Italia potrebbe giocare un ruolo da pontiere, visto che tra i paesi del G7 è stata l’unica che non si è intromessa nella campagna elettorale americana. Immagino che figure come quella di Macron abbiano più difficoltà di dialogo con gli Stati Uniti».
Comunque lei dice che deve essere l’Europa a trattare. Matteo Salvini pare preferire una trattativa bilaterale Italia-Usa…
«Non ho sentito sue affermazioni in questo senso. E poi in Europa abbiamo una serie di relazioni e di intrecci così stretta che non si può sciogliere. Oggi siamo qui per il vino: noi parliamo degli Usa, ma il maggior mercato per l’export del vino veneto è la Germania».
E l’Italia può avere ruoli
particolari?
«Possiamo mettere a terra tutta la credibilità che abbiamo guadagnato nei confronti degli Stati Uniti; siamo stati l’unico paese europeo del G7, durante la campagna elettorale americana, a non schierarci contro Trump. Oggi l’Italia può fungere da ponte fra Usa e Europa avviando trattative e favorendo contatti. La nostra diplomazia è fra le migliori al mondo. Attiviamo tutti i contatti e le strade, a livello governativo, istituzionale, economico».
I controdazi europei servono?
«Bisogna stare attenti a come si applicano perché – come dice anche la Bce – si rischia di perdere punti di Pil. Il commercio internazionale era in buon equilibrio, poi Trump è entrato come un elefante in una gioielleria.
Ci vuole la linea del dialogo, senza complessi di inferiorità, senzaandare da lui con il cappello in mano. Ma quello che non serve in Europa è fare i tifosi, dividendoci sull’ipotesi di usare l’artiglieria pesante con gli Usa oppure no».
E davvero lei pensa che una trattativa sia possibile?
«Quando Elon Musk, dice, come ha fatto sabato al congresso della Lega, che ha già proposto al presidente Trump di creare una zona di libero scambio con l’Europa, senza dazi, fa già un’apertura non da poco».
Ma se Trump dice che l’Europa «è nata per fotterci»…
«Mah, i suoi discorsi dallo Studio Ovale sono una via di mezzo tra un atto di governo e un abbondante condimento politico. Ma gli Stati Uniti non possono e non potranno considerare irrilevante il mercato europeo».