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BUENOS AIRES — Nove città italiane che mirano in appena otto anni ad azzerare le proprie emissioni di gas serra: Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino. Sono nella lista delle 100 metropoli dell’Unione europea che partecipano alla Missione di Horizon Europe per arrivare alla neutralità carbonica entro il 2030. Come Bruxelles, Helsinki, Parigi, Monaco e Copenaghen. Peccato solo che negli ultimi dieci anni non abbiano fatto gli stessi progressi di alcune di queste capitali. Stando al rapportoLe città a impatto climatico zero: strategie e politiche, appena pubblicato dal ministero delle Infrastrutture, la situazione delle nove città italiane è distante dalla meta. Serviranno interventi importanti e veloci.
«Il momento storico è favorevole», scrive però il ministro Enrico Giovannini. «Le risorse di bilancio ordinario e della politica europea di coesione rappresentano un’occasioneunica non solo per realizzare investimenti diretti nei settori più rilevanti in termini di emissioni, ma anche per stimolare la crescita economica e occupazione, così da generare uno sviluppo sostenibile da tutti i punti di vista».
Cambiare quindi e il più velocemente possibile, come intende fare anche il Cities Climate Leadership Group (C40), rete di 97 grandi metropoli mondiali dove vivono 582 milioni di persone, che si è dato appuntamento a Buenos Aires. Tre giorni di conferenze e confronti con sindaci del calibro di Ada Colau di Barcellona, Eric Garcetti di Los Angeles, Sadiq Khan di Londra, Oh Se-hoon di Seoul, Ricardo Nunes di San Paolo e Yuriko Koike di Tokyo. E per l’Italia Roberto Gualtieri, sindaco Roma e Giuseppe Sala, sindaco di Milano, entrambi coinvolti nella corsa alle emissioni zero entro il 2030.
«È possibile fare molto», racconta Sophie Hæstorp Andersen, a capo del comune di Copenaghen. «Dal 2010 siamo riusciti ad abbattere la produzione di gas serra dell’80 per cento». Ora punta non solo alla neutralità carbonica ma addirittura ad assorbire più CO2 di quanta la sua città ne emette a partire dal 2035. Che si debba fare di più lo ribadiscono in tanti al C40 Summit, anche se non sempre con la stessa convinzione. La rete mondiale di metropoli virtuose, o che sperano di diventarlo, è un club nato nel 2005 nel quale non è facile entrare ma è ancor più difficile restarci se non si rispettano gli impegni. Bisogna attenersi agli accordi di Parigi, operando affinché la temperatura non superi il grado e mezzo abbattendo le emissioni.
A livello globale nei centri urbani vive oltre metà della popolazione, il 75 per cento in Europa, e consumano il 65 per cento dell’energia oltre ad essere responsabili del 70 per cento delle emissioni di CO2. Si trovano in prima linea, parte del problema e sede di tante possibili soluzioni, specie quest’anno che si guarda con forte scetticismo alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop27), a Sharm El Sheikh dal 6 al 18 novembre.
«È un obiettivo ambizioso quello del 2030, ma vale per tutte le città. E poi questa è l’unica strada per adottare nuove pratiche e tecnologie capaci di cambiare le cose», sostiene Edoardo Zanchini, direttore dell’ufficio Clima di Roma Capitale, arrivato in Argentina con il sindaco Gualtieri. «Elettrificare il trasporto pubblico, ridurre quello privato, puntare sulle comunità energetiche e sulle aree verdi con 700mila nuovi alberi».
Sono le linee guida del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), indicate anche dal ministero delle Infrastrutture: ridurre il consumo di energia in ogni settore; procedere verso l’elettrificazione dei mezzi di trasporto e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili; aumentare l’assorbimento e lo stoccaggio del carbonio con più zone verdi. In Italia però il traffico è tornato ai livelli pre-pandemia, solo nella capitale le persone sprecano ogni anno 131 ore negli ingorghi, e alcune misure che potrebbero migliorare molto la situazione come lo smart working sono state ridotte se non del tutto eliminate sia nell’amministrazione pubblica sia nelle piccole medie imprese, stando agli ultimi dati del Politecnico di Milano.
Cambiare significa rivedere molti aspetti della società. Limitarsi all’elettrificazione dei mezzi pubblici probabilmente non basta, specie se si ha la giusta ambizione di passare dalla notte al giorno in meno di unadecade.