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Anais Ginori
PARIGI — È una rabbia fredda, quella che filtra dall’Eliseo. «Giorgia Meloni si è comportata male», ha detto Emmanuel Macron ai suoi quando è diventato chiaro che si andava allo scontro. È l’apertura di una «grave crisi», sempre parole del capo di Stato nei colloqui ristretti di queste ore, che sarà difficile ricucire. Anche perché dietro al conflitto diplomatico, provocato da pesanti divergenze legate al rispetto di regole e valori europei, Macron pone ora una questione personale. Il leader francese considera che la nuova premier, incontrata meno di tre settimane fa a Roma, ha tradito quel legame di fiducia che lui aveva cercato di avviare. «Mettiamo da parte i pregiudizi e collaboriamo nel nome dei nostri reciproci interessi», ha detto Macron a Meloni nel chiuso di una suite d’albergo dove è avvenuto il loro primo colloquio.
Il leader francese, è la ricostruzione che si fa a Parigi, aveva dimostrato la sua «buona volontà», ribadita poi a margine della Cop27 di Sharm El-Sheikh, nel mezzo della battaglia sullo sbarco delle navi delle Ong. Domenica scorsa Macron propone alla premier di trovare una soluzione concordata. Ribadisce la disponibilità della Francia a farsi carico di una parte delle persone sbarcate dalla Ocean Viking. Meloni resta ferma sulle sue posizioni e Macron torna a Parigi con la speranza che gli sforzi diplomatici e il pressing dell’Ue potranno alla fine convincere Roma. Dietro le quinte però l’Ong Sos Mediterannée comincia a lanciare appelli alla Francia sulla situazione disperata a bordo dell’Ocean Viking. Al ministero dell’Interno si studia un ipotetico piano di sbarco a Marsiglia. Una scelta estrema che il governo francese vuole comunque evitare ma la notizia, anticipata da Repubblica, mentre la nave si sta già muovendo in direzione del Mediterraneo occidentale, fa precipitare tutto.
In assenza di conferme ufficiali, Palazzo Chigi presenta l’accordo come già concluso: «Esprimiamo il nostro sentito apprezzamento per la decisione della Francia di condividere la responsabilità dell’emergenza migratoria — scrive lunedì sera il governo italiano — fino ad oggi rimasta sulle spalle dell’Italia e di pochi altri stati del Mediterraneo, aprendo i porti alla nave Ocean Viking». Una forzatura, una mossa unilaterale che Macron considera come un atto ostile. Anche perché prima della nota di Chigi, il ministro Gérald Darmanin aveva puntualizzato al collega Mario Piantedosi che l’unica scelta condivisa era lo sbarco in Italia, in virtù del diritto internazionale ma anche per gestire un fronte interno caldissimo, con la popolarità di Marine Le Pen in costante ascesa.
Il cortocircuito provocato dalla comunicazione di Palazzo Chigi fa uscire dal silenzio il governo francese che denuncia un «comportamento inaccettabile» dell’Italia. Eppure fino all’ultimo Macron ha sperato di poter evitare la rottura. «È una crisi che tutti volevamo evitare», dice una fonte governativa. Ancora mercoledì notte, quando la nave Ocean Viking stava per entrare in acque francesi, emissari di Parigi hanno chiesto a Roma di far sbarcare le 234 persone a bordo. «Abbiamo proposto anche di mettere a disposizione degli aerei per portare via subito una parte dei richiedenti asilo verso Francia e Germania», confida una fonte che ha partecipato ai tentativi di mediazione, tutti respinti.
La linea della realpolitik, con cui Macron puntava a costruire una relazione pragmatica con Meloni, viene spazzata via. L’Italia, attacca Darmanin, non si è comportata da «Stato europeo responsabile». La Francia decide di sospendere la sua adesione al meccanismo europeo per il ricollocamento delle persone sbarcate a cui aveva lavorato il governo Draghi. E i controlli francesi alla frontiera con l’Italia, prosegue Darmanin, saranno rinforzati. Il titolare dell’Interno — scelto dall’Eliseo come frontman in questa fase per gestire la crisi — denuncia la mancanza di «professionalismo» del governo Meloni e prevede «conseguenze» su altri dossier. L’ira fredda di Macron potrebbe tradursi in decisioni a proposito di collaborazioni industriali, nella Difesa e sui tanti dossier europei su cui ci sarebbero oggettive convergenze. Da ieri la diplomazia si è rimessa al lavoro per evitare che la crisi si allarghi. E come sempre, in mancanza di un rapporto di fiducia con Meloni che sembra già compromesso, Macron guarda al Quirinale, considerato all’Eliseo come unico garante della relazione bilaterale.