Silvio Berlusconi è morto
12 Giugno 2023Morto Francesco Nuti. Artista romantico e pignolo
13 Giugno 2023“Ci siamo dimenticati che si può essere democratici, ma di destra, e populisti, ma di sinistra”.
di Pierluigi Piccini
Prendo queste frasi dall’articolo di oggi di Damilano pubblicato dal Domani dal titolo: “Gli schieramenti sono tornati. E per Schlein è un’altra sfida”.
- Le forze populiste e sovraniste hanno sottoposto ad un doppio attacco (…) ì cristiano-democratici e i socialdemocratici in nome della rivolta dal basso contro le élite (…) poi hanno mosso alla conquista del centrodestra.
- Il Pd è un partito che per un decennio si è appagato di proporsi come argine all’antipolitica.
- Se tornano destra e sinistra, tornerà anche il centro, e questo spiega più di tanti personalismi la sofferenza di tanti nel Pd.
- Ci siamo dimenticati che si può essere democratici, ma di destra, e populisti, ma di sinistra.
Mi sento solo di fare una osservazione critica al pezzo di Damilano, che sarebbe utile leggere nella sua integrità: cambierei, nel caso della Destra meloniana, populisti e sovranisti con conservatori (soprattutto per ciò che riguarda il populismo). È ormai evidente che il populismo si identifica con una categoria neo-liberista, legata alla moltitudine, al soggetto compratore e non a una soggettività identitaria. Così come i sovranisti si legano a una cultura nazionale, al nazionalismo e il richiamo diventa allora nazional-conservatori alla De Gaulle e alla visione dell’Europa di quest’ultimo. Del resto la stessa leader di Fdi, che punta a costruire l’Europa di una Destra allargata, è alleata del Centro.
Ma torniamo a noi. Forse è possibile leggere la crisi elettorale del Pd a livello nazionale con alcuni dei criteri proposti dall’articolista del Domani? Direi proprio di sì. E ne abbiamo avuto una riprova, molto in piccolo anche a livello locale. Quando un fenomeno è così esteso a livello generale del Paese, allora anche Siena rientra in questa lettura dei fatti. Ovviamente, data la dimensione e le peculiarità, con alcune varianti. Una su tutte la soggettività personale delle analisi che spesso antepongono le conoscenze dei singoli all’analisi di sistema. Come non essere d’accordo sul passaggio circa l’appagamento del Pd nel contrastare l’antipolitica? Basterebbe a questo proposito il disprezzo con cui Ferretti ha trattato il civismo, considerato un intruso della politica quella vera, quella dei partiti. Attacco rivolto in una unica direzione, con il vizio di anteporre il nome e il cognome ad un tentativo di alleanza elettorale. I motivi? Creare un fossato difficilmente superabile ed evitare che una parte dell’elettorato di sinistra potesse votare “Per Siena” in una prima istanza, come era avvenuto nel 2018. Errore imperdonabile, anche perché il vero problema per i democratici è la politica delle alleanze, a cui si è pensato di sopperire con raggruppamenti più nominali che reali, almeno a Siena.
Come ho già scritto il bipolarismo non paga, perché c’è sempre bisogno di una terza forza intermedia che dia compiutezza alle possibilità di vittoria. Questa rimane il Centro nelle sue varie declinazioni che non sempre, come da noi, sono partitiche. Ceti medi che si muovono spesso avendo di mira l’interesse soggettivo sebbene questa parte dell’elettorato, da tempo, non sia più rappresentata dalla Sinistra. Sinistra che ha perso la capacità di esprimere una visione complessiva ed egemonica della società, interpretando e anticipando le contraddizioni che i cambiamenti aprono inevitabilmente. Mondializzazione, nazione, base, élite, diritti soggettivi e diritti sociali sono soltanto alcune delle antinomie in essere.
I moderati hanno anche la caratteristica di essere fluidi nelle loro convinzioni, con una base valoriare debole che deve essere riempita di contenuti. Molto si potrebbe fare se i partiti capissero e dessero piena attuazione all’articolo 118 della Costituzione e alle varie richieste di cambiamento: ad esempio, quelle indicate nella Carta dei diritti fondamentali dei cittadini europei, o nella più conosciuta Carta dei diritti del malato o nella stessa cittadinanza d’impresa. Insomma quei valori che “non risultano da una tavola astratta, ma da concrete battaglie della cittadinanza, tradotte in nuovi dispositivi normativi”. Un terreno di lavoro che potrebbe determinare, per chi lo condivide e lo fa proprio, anche nuove alleanze e un rilancio effettivo della democrazia partecipata. Un terreno questo sul quale il civismo continuerà a lavorare, e non solo a livello locale.