PARIGI
Da tempo la Francia è malata nelle sue periferie. Abitazioni mal progettate. Aree urbane lasciate in stato di abbandono. Scuole di scarsa qualità. Crescita del comunitarismo, ovvero di uno spirito di appartenenza a comunità chiuse che si sviluppano su una condizione di povertà e di esclusione sociale. Aumento, di conseguenza, dell’insuccesso scolastico e della delinquenza. Bambini che abbandonano gli studi per diventare spacciatori. La polizia non interviene e, quel che è peggio, si rifiuta di entrare in questi quartieri diventati pericolosi. Ci sono tredicenni che guadagnano cento euro al giorno facendo le vedette all’ingresso di alcuni quartieri di Marsiglia. I soldi facili li trascinano poi in forme di delinquenza più gravi.
Nelle carceri di Marsiglia, il 70 per cento dei reclusi sono giovani francesi di origine maghrebina detenuti per reati minori. In carcere si radicalizzano e ne escono ancora più convinti che solo la violenza permetterà loro di trovare un posto in una società che non li riconosce e volta loro le spalle. Questa constatazione è stata fatta più volte ed è stata denunciata alle autorità responsabili sia durante i governi socialisti che durante quelli della destra tradizionale. Non è stato fatto nulla per prendersi cura di questi territori che, di tanto in tanto, sono scossi da tragedie umane insopportabili.
È quanto è appena accaduto con Nahel, diciassette anni, colpito a bruciapelo da un poliziotto che gli chiedeva di scendere dall’auto. Questa “esecuzione”, termine usato dalla famiglia della vittima, ha infiammato le periferie.
La polizia francese spara spesso, senza alcun preavviso, sulle persone, soprattutto se si tratta di arabi o di africani.
I disordini del 2005 iniziarono a Clichy-Sous-Bois il 16 marzo, quando due adolescenti, Zyed e Bouna, rimasero folgorati da una scarica di 20mila volt in una cabina della rete elettrica dove si erano rifugiati per sfuggire alla polizia che li stava inseguendo.
Il 19 luglio 2016, Adama Traoré muore durante un fermo di polizia.
Drammi come questo sono frequenti A diciotto anni di distanza, persistono gli stessi problemi e i vari governi hanno tutti distolto lo sguardo da ciò che accade in queste città.
Le periferie sono un campo minato e malato. Perdere un figlio è la peggiore prova che un essere umano possa affrontare. La madre della vittima lavorava duramente per crescere il figlio da sola. Viveva per lui con la paura che potesse accadergli qualcosa.Le madri sono angosciate. Quando si vive in queste periferie dove il razzismo e la violenza sono diventati realtà ordinarie, la paura che accada qualcosa di brutto è perfettamente plausibile. La polizia non avrebbe mai sparato a bruciapelo in un quartiere borghese della capitale. In queste periferie, la polizia pensa di poter fare quello che vuole.
La “marcia bianca” organizzata dagli abitanti di Nanterre è stata un’azione simbolica per denunciare una situazione che si protrae da decenni e che nessun governo ha saputo o voluto risolvere.
Il fatto che dei teppisti approfittino del lutto della madre di Nahel per saccheggiare negozi e bruciare proprietà pubbliche e auto private è un classico di queste periferie. È l’espressione di una mancanza di educazione, di una rabbia a lungo repressa e di una sete di vendetta che si manifesta con furia. Nulla giustifica la brutalità di questi teppisti professionisti, delinquenti che approfittano di una tragedia per bruciare e saccheggiare. Nahel non meritava questi saccheggi e questi vandalismi. Questa è la Francia relegata in secondo piano e dimenticata fino al giorno in cui si verifica una tragedia e si manifesta il rischio di una guerra civile. Dopo la legge del 2017 che permette alla polizia di usare le armi in determinate occasioni, ci sono state decine di abusi. Questo non ha fatto altro che esacerbare il deterioramento delle relazioni tra la polizia e la popolazione, in particolare in queste banlieue destinate a qualche disastro. Questa tragedia evidenzia, ancora una volta, la debolezza dello Stato o addirittura la sua mancanza di autorità, come avvenne durante le rivolte dei gilets jaune s nel novembre del 2018.
Il presidente Macron ha riunito i suoi ministri in un’unità di crisi, ma questo non placa la rabbia delle periferie. La malattia è grave. Non c’è un rimedio immediato. Macron lo sa. Ma non farà nulla, perché si tratta di un’impresa enorme che richiede risorse ingenti e, soprattutto, la volontà politica di cambiare radicalmente il modo in cui queste aree sono configurate, il loro tessuto e il loro modo di operare al di fuori della legge. Altrimenti, prima o poi, scoppieranno nuove rivolte e la polizia, una gran parte della quale (si stima il 60 per cento) voterebbe per l’estrema destra di Le Pen o Zemmour, si dovrà confrontare con una popolazione che vive quotidianamente in condizioni di precarietà, insicurezza e razzismo. La Francia è malata nelle sue periferie e si gira dall’altra parte come se l’incendio non la riguardasse affatto.
— traduzione di Luis E. Moriones
Le banlieue sono la Francia relegata in secondo piano e dimenticata, fino a quando non si registra una tragedia
I manifestanti sono tornati a scendere in piazza ieri nella città meridionale di Marsiglia