Don Mattia Ferrari
«Ragazzi, io vi auguro che lo Spirito Santo vi metta un’inquietudine tale davanti alle cose che non sono buone, che non sono oneste, che non sono giuste, che non sono pulite, vi metta una inquietudine tale che voi abbiate a levare la voce ogni volta che il corpo del Signore non viene riconosciuto nel volto dei fratelli»: queste parole di don Tonino Bello, vescovo pugliese sempre accanto agli ultimi, indicato da Papa Francesco come “profeta”, risuonano con forza in questi giorni, in cui arrivano nuovamente immagini di violenza disumana perpetrata sui migranti in Libia e Tunisia, dove l’Italia e l’Europa cercano di far respingere le persone migranti.
Il 3 luglio la ricercatrice presso “Human Rights Watch” Lauren Seibert e Alarm Phone hanno denunciato che dopo una perquisizione in una casa a Sfax, in Tunisia, 48 persone migranti sono state arrestate e 20 tra loro, di cui 6 donne, due incinte e una di 16 anni, sono state deportate dai militari tunisini al confine con la Libia, senza denaro e cibo. Queste pratiche di deportazione e violenza perpetrate dalle autorità tunisine sulle comunità migranti sono tra l’altro documentate da tempo. Nella giornata del 4 luglio si sono verificate altre catture e deportazioni e al momento sono più di 400 le persone imprigionate in condizioni disumane nella zona militarizzata al confine tra Tunisia e Libia. Alcune di queste persone pare siano già rimaste uccise: tra queste, una delle due donne incinte deportate due giorni fa. Secondo una persona sul posto, la situazione sanitaria è catastrofica: «I bambini sono costretti a bere acqua di mare» dice.
Nel mentre l’Italia e l’Europa cercano di irrobustire la strategia dei respingimenti appaltati alla Tunisia, che comportano il contenimento dei migranti in quelle condizioni disumane. Queste politiche producono solo un aumentare della violenza, come già è avvenuto in Libia, dove le mafie prosperano sui respingimenti dei migranti che l’Italia ha appaltato alla cosiddetta Guardia costiera libica. Siamo responsabili di quella disumanità, la nostra coscienza non può ritenersi pulita. Dovremmo invece promuovere l’accoglienza e, per garantire la libertà di restare nei Paesi di origine, riconoscere finalmente la soggettività e il protagonismo dei popoli e dei movimenti del Sud del mondo che chiedono di essere riconosciuti, di scrivere un sistema sociale ed economico nuovo tutti insieme e di uscire così finalmente dal colonialismo economico delle nostre multinazionali che li opprime. Il problema però è che ai migranti, e in generale a tutti i poveri, non viene riconosciuto il diritto ad essere soggetti e protagonisti: si discute di loro, ma non con loro. Così anziché scelte coraggiose si sceglie la strada della violenza.
La violenza ai danni dei migranti non è un fattore isolato, ma è profondamente connessa alle tante altre forme di violenza che la nostra società perpetra. In alcuni casi si tratta di violenza fisica, ad esempio nel caso dei migranti o delle persone private del diritto alla casa, in altri casi si tratta di quella che il grande sociologo Pierre Bourdieu definiva violenza simbolica, cioè quella violenza sottile, che viene perpetrata cercando di imporre visioni del mondo e strutture mentali che impediscono una piena emancipazione e opprimono ad esempio le donne e le persone Lgbtqi+. Tutte queste violenze sono il frutto di un sistema autoritario, capitalista, patriarcale e nativista, che viene introiettato da tutti noi. La violenza ai danni dei migranti rappresenta l’apice di tutto questo
Ogni persona che abbia un cuore umano dovrebbe levarsi. Sembra che la globalizzazione dell’indifferenza dilaghi sempre di più: la disumanità è stata normalizzata. Ma l’indifferenza e la disumanità non hanno ancora avuto l’ultima parola. Ci sono realtà, come Mediterranea Saving Humans, che ho l’onore di servire come cappellano, tutta la “civil fleet” e tanti altri movimenti, che operano una vera e propria resistenza dell’umano e hanno scelto di lottare, con i propri corpi e le proprie vite, assumendo veramente la strada della fraternità. Questo è il valore politico che deve diventare centrale nella nostra epoca storica.
Siamo davanti a un bivio: o assumiamo radicalmente l’amore e la fraternità e li facciamo diventare carne, attraverso i nostri corpi e le nostre relazioni, o la spirale di violenza, autoritarismo, capitalismo, patriarcato e razzismo che si è innescata ci condurrà sempre di più verso il collasso, verso un mondo in cui ci ripieghiamo sempre di più su noi stessi e in questo modo diventiamo sempre più arrabbiati e infelici. Per fortuna ci sono giornali, come La Stampa, che continuano a raccontare con coraggio anche ciò che è scomodo e provano a svegliarci. Ecco allora che grazie a questo giornale vorrei augurare a ogni persona di avere il coraggio di aprire il proprio cuore all’amore viscerale, di toccare con mano le ferite dell’umanità, di assumere radicalmente il valore politico della fraternità, di andare incontro alle persone che lottano per la vita e la dignità riconoscendo in esse quel dono di umanità che può salvarci. Se avremo il coraggio di amare veramente e di credere sulla base di questo amore che tutto può cambiare, allora insieme troveremo la strada. Allora saremo capaci di compiere un vero esodo e di giungere a quella terra promessa che è la civiltà dell’amore, una società dove la felicità non è un’illusione che ci viene prospettata da false speranze, ma è la gioia che dà senso alla tua vita quando hai il coraggio di amare veramente. Se queste sembrano utopie, si venga a conoscere questi movimenti, come Mediterranea, dove tutto questo è già realtà.