La Tunisia mette in scena le retate sulla costa per sbloccare gli aiuti di Bruxelles In realtà le partenze continuano dai porti più a Nord. A rischio i fondi
SFAX — Le evacuazioni sono iniziate sabato sera, il giorno prima dell’arrivo di Giorgia Meloni e di Ursula von der Leyen a Lampedusa. La polizia tunisina e la Guardia nazionale li hanno caricati su pullman di linea: loro, i migranti che da settimane bivaccavano intorno alla Bab Jebli, una delle storiche porte della Medina di Sfax, compresi i tanti sudanesi, che la guerra civile ha spinto fin qui, attraverso il terribile deserto libico. Secondo le Ong tunisine che assistono (con molte difficoltà) i subsahariani nella zona, sarebbero già più di 7mila a essere stati trasferiti prima a Jebiniana, una quarantina di km a nord di Sfax, e poi, dopo le proteste della popolazione locale, lì vicino, a El Amra.
Siamo sulla fascia costiera. Gli olivi arrivano fino al mare, dove da mesi si nascondono i subsahariani, che nella notte salteranno sui terribili barchini metallici, la frontiera low cost dell’emigrazione clandestina verso Lampedusa. È una delle zone di partenza principali per i migranti. Ecco, li hanno portati proprio qui, quasi a spingerli verso il mare. Un caso? Altro strano fenomeno: «Nelle ultime settimane i battelli della Guardia nazionale hanno ridotto le intercettazioni in mare di queste imbarcazioni – sottolinea Zeineb Mrouki, esperta di migrazioni dell’Ong Avocats sans frontières: ormai ne fermano solo una su dieci». Non finisce qui: il 14 settembre le autorità tunisine, irritate, avevano impedito a una delegazione di cinque eurodeputati di raggiungere Tunisi. Dovevano verificare il rispetto dello “Stato di diritto” in un paese che subisce la deriva autoritaria di Kais Saied: la Tunisia di oggi, dove si resta in fila anche un’ora per comprare il pane sovvenzionato (quello dei poveri) e dove la farina e il caffè mancano nei supermercati.
Insomma, «anche se non ci sono le prove, tutto questo assomiglia a un ricatto di Saied all’Europa», sottolinea Mrouki, tanto più che Bruxelles non ha ancora sganciato un euro di quelli promessi proprio da Meloni e von der Leyen, a metà luglio, quando si erano precipitate a Tunisi per firmare con Saied il Memorandum d’intesa con l’Ue. «La Tunisia cerca di strumentalizzare la lotta all’emigrazione clandestina per ottenere quello che vuole dall’Europa», osserva Mahmoud Kaba, rappresentante a Tunisi di Euromed Right s,una rete di Ong del Mediterraneo. «Altri Paesi l’hanno fatto in precedenza ». «Saied ricerca legittimità e, per risolvere la sua crisi economica,un sostegno finanziario. Vede crescere le polemiche nell’Ue sui diritti umani – continua Kaba. Sta facendo una prova di forza. È come se dicesse: “Avete bisogno di noi e, quindi, datevi una calmata. Altrimenti vedrete quello che succederà”. Ne sta dando un esempio in questi giorni con gli arrivi a Lampedusa». Le retate a Sfax, che dovrebbero mostrare la buona volontà a combattere l’immigrazioneclandestina, fanno soloaumentare gli sbarchi.
I tunisini vogliono i soldi. Ma è così facile darglieli? Il Memorandum prevede 150 milioni di euro da iniettare subito nel bilancio pubblico tunisino e 105 milioni per “il controllo delle frontiere”: poco più di 250 milioni che necessitano diversi step per rispettare i vincoli posti dall’Unione europea. Poi c’è la grossa fetta dell’assistenza macrofinanziaria, 900 milioni. Ma per ottenerli ci vuole il prestito da due miliardi del Fmi, che farà da garanzia. Su quel fronte, però, non si va da nessuna parte: manca da parte di Saied la volontà politica a ottenerlo. Senza contare che, per spendere quei 900 milioni non funzionerà come una slot machine: Tunisi dovrà presentare progetti seri e precisi. «Il know how per farlo non manca, in Tunisia ci sono fior di ingegneri ed esperti», sottolinea Hatem Nafti, analista politico e rappresentante della società civile. «Il problema è l’inefficienza mostruosa dell’amministrazione. In casi simili nel passato sono fallite altre iniziative. Subito dopo la rivoluzione del 2011, l’Arabia Saudita stanziò fondi per costruire un grande polo medico a al-Qayrawan, naufragato nelle secche della burocrazia tunisina ». Per Nafti sarà lo stesso pure questa volta. «Gli europei agitano il Memorandum come se fosse una carota, perché la Tunisia freni i flussi migratori: ma di tutti quei soldi resterà ben poco».