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il presidente tunisino Kais Saied ha confermato ieri il rinvio della visita della delegazione della Commissione Europea nel Paese nordafricano, «ad una data successiva da concordarsi tra le due parti». Lo scorso 14 settembre, il ministero degli Esteri aveva negato l’accesso in Tunisia ad una delegazione della Commissione esteri del Parlamento europeo, che prevedeva di effettuare una visita di due giorni. La decisione è arrivata a pochi giorni dall’annuncio della stessa Commissione dello stanziamento di 127 milioni di euro alla Tunisia nell’ambito del Memorandum d’intesa Ue-Tunisia firmato a luglio. Bruxelles aveva spiegato che «questo primo pacchetto si basa sulla stretta cooperazione con Tunisi per quanto riguarda la repressione delle reti di trafficanti illegali ». Una portavoce della Commissione Ueha successivamente comunicato che «sono in corso contatti regolari» tra le parti, per arrivare a definire una data. L’obiettivo è individuare «il momento migliore» per una visita.
Sarebbero stati ingannati dalle autorità, per evitare che opponessero resistenza al trasferimento forzato, i migranti subsahariani evacuati da due accampamenti informali in centro a Sfax la notte tra il 16 e il 17 settembre. Con promesse poi non mantenute dalla polizia tunisina, si sono lasciati portare via da Bab Jebli e dai contigui giardini “La Mère et l’Enfant” a un passo dalla Medina, dove da due mesi vivevano all’aperto. Se critica è la situazione umanitaria a Lampedusa e alto resta il rischio delle traversate in mare, sulla sponda Sud del Mediterraneo, lungo la costa tunisina da cui si parte di nascosto, le giornate di chi aspetta di imbarcarsi sono ugualmente tormentate. Del destino delle persone sgomberate e in generale dell’inadeguato sistema di aiuti che limita l’intervento umanitario parla da Tunisi Romdhane Ben Amor, portavoce del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, il Ftdes.
Dopo le tensioni, i raid e le deportazioni di luglio e agosto, cos’è accaduto negli ultimi giorni a Sfax?
Abbiamo assistito all’applicazione di una decisione securitaria delle autorità, determinate a evacuare gli spazi pubblici con la forza. La polizia si è schierata di fronte ai migranti, tra i 500 e gli 800 cittadini subsahariani. Li ha informati che ci sarebbero stati campi di accoglienza allestiti per loro ad Al Amra e Jebeniana (30 chilometri più a nord, ndr). Le persone accampate ci hanno creduto e hanno seguito la po-lizia sui bus. Per questo non hanno opposto alcuna resistenza. Una volta fuori città, però, sono state lasciate in una zona rurale, sotto gli ulivi. Nessuna struttura di accoglienza, nessuna assistenza, malgrado nel gruppo ci siano donne e bambini, rifugiati riconosciuti.
Le agenzie dell’Onu e la Mezzaluna Rossa non sono intervenute?
L’operazione di sgombero è avvenuta senza alcun coordinamento con le agenzie delle Nazioni Unite, né con la Mezzaluna Rossa, né con le Ong locali. Dunque senza la presenza di operatori umanitari. Ora gli sfollati si trovano in condizioni molto difficili, diversi gruppi sono ancora negli uliveti. Si sono attivate iniziative dal basso, dalla cittadinanza, per tentare di fornire aiuto.
Di recente la sua organizzazione, l’Ftdes, con altre 13 Ong firmatarie, ha denunciato le difficoltà di soccorrere i migranti, per gli ostacoli che le autorità frappongono da mesi. In che modo?
Da luglio il presidente Saied ha concentrato e autorizzato gli aiuti solo attraverso il canale della Mezzaluna Rossa (Crt), chiedendo alle altre organizzazioni di coordinarsi con questa. L’obbligo di passare dalla Crt per ogni intervento ha provocato rallentamenti e un blocco nell’erogazione degli aiuti. Molte Ong sono in attesa delle autorizzazioni, il processo è troppo burocratizzato. Noi, che pure da tempo abbiamo depositato una richiesta al ministero dell’Interno per ottenere modalità più facili di lavoro, non avendo avuto risposta, siamo stati obbligati a riferirci a iniziative di base della cittadinanza per soccorrere, ad esempio, chi era stato respinto ai confini.
A proposito delle espulsioni verso Libia e Algeria, avete notizie di nuovi episodi, di altre persone
abbandonate in aree remote?
Ci sono testimonianze di espulsioni che proseguono verso le frontiere algerine. Riceviamo chiamate da parte di migranti bloccati laggiù. Non registriamo, invece, almeno al momento, nuove richieste di aiuto dalla frontiera libica.
L’applicazione del Memorandum sottoscritto tra Ue e Tunisia appare in stallo, anche se la Commissione ha appena annunciato l’esborso di 127 milioni di euro. Come Forum, cosa vi aspettate dall’accordo?
Il Memorandum non può contribuire a ridurre i flussi, tutt’al più può incidere sulla loro repressione lungo le nostre coste. Qui non lo vediamo come soluzione alla crisi. Forse può esserlo per voi, a Lampedusa o a Ventimiglia, ma per i tunisini non contribuirà a risolvere la situazione umanitaria in corso nel Paese, visto che l’unico obiettivo è quello di impedire le partenze verso Nord, dunque di lasciare i migranti qui ad affrontare le dure condizioni che stanno vivendo.