ROMA — Disabili come bancomat di Stato. Il governo Meloni ha azzerato il fondo da 350 milioni, legato all’attuazione della legge delega sulla disabilità. E usato quei soldi nel decreto Anticipi, in vigore da giovedì, per coprire l’ennesimo buco da 15 miliardi del Superbonus. Era successo anche l’anno scorso, di questi tempi. Il governo Draghi usò i 350 milioni per finanziare uno dei tanti decreti Bollette. E poi li rimise in manovra. Per essere ora di nuovo prelevati. Preoccupazione di associazioni e sindacati che si chiedono: «Perché i disabili sempre in coda?».
Lo stanziamento va e viene da due anni, senza poter essere speso perché legato ai decreti legislativi di attuazione della legge delega che ancora non ci sono. La legge è la numero 227 del 22 dicembre 2021. Da allora sono passati due governi — Draghi e Meloni — e due ministre della Disabilità, entrambe leghiste: Erika Stefani e Alessandra Locatelli. Ma in ben 24 mesi nessuna delle due è riuscita a finire il lavoro. Solo tre decreti attuativi approvati, altri due in gestazione. «Dovrebbero arrivare il 31 ottobre in Consiglio dei ministri, poi rimetteremo le risorse in manovra perché vengano spese nel 2025», rassicura Locatelli. Nel frattempo quel fondo da 350 milioni continua a essere una copertura cuscinetto, alla bisogna.
L’iter dei decreti non sarà breve. Devono essere esaminati dalle commissioni parlamentari di competenza che comunque esprimono un parere non vincolante. Il governo Meloni si prende tutto il 2024. E sposta all’anno dopo i sostegni. «Risorse in ogni caso insufficienti rispetto alla rivoluzione copernicana che si vuole fare, dall’accertamento dell’invalidità con unico ente accertatore alla vita indipendente», dice Nazario Pagano, presidente della Fand, la federazione delle associazioni delle persone con disabilità. «Non abbiamo medici, specialisti, operatori socio- sanitari a sufficienza già in generale. Figuriamoci per il progetto personalizzato a ciascun disabile». E sulla stretta dei 350 milioni: «Sembra il gioco delle tre carte. Possibile mai che siano sempre i disabili a soffrire ed aspettare?».
Anche Vincenzo Falabella, presidente di Fish, la Federazione italiana per il superamento dell’handicap, non nasconde la delusione: «Ci saremmo aspettati da questo governo un’attenzione particolare. E invece si fa la stessa operazione dell’anno scorso con i 350 milioni. A noi resta la promessa che le risorse saranno rimesse nel fondo. Ma nel frattempo ci auguriamo che il vincolo della loro spendibilità solo a decreti attuativi approvati possa saltare e i soldi messi su altri capitoli di spesa ». Falabella è preoccupato anche per le norme che smantellano Opzione Donna, la inglobano nell’Ape sociale, alzando gli anni di contributi a 36: «Questo significa un duro colpo a tante donne caregiver di disabili che non potranno anticipare la pensione per dedicarsi ai loro cari».
I sindacati sono tenuti fuori da ogni interlocuzione con il governo sulla disabilità. Se ne lamenta Nina Daita, responsabile Cgil per le politiche sulla disabilità: «Dopo la grande propaganda elettorale di Salvini e Meloni sui disabili e i convegni della ministra Locatelli, il governo taglia i 350 milioni: vergognoso e immorale togliere ancora ai poveri». Anche Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uilp, dice che «i ritardi dei governi non possono ricadere sulle persone». E che «si doveva e poteva spendere le risorse per dare sollievo a 3,1 milioni di persone, potenziando con i 350 milioni il piano nazionale della non autosufficienza, anziché stanziare ogni anno i soldi per poi riprenderseli».