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di Redazione Economia
Lunedì scorso, il governo italiano ha preso una decisione significativa riguardo al suo ruolo nel capitale del Monte dei Paschi di Siena (MPS). La manovra ha comportato una riduzione sostanziale della partecipazione governativa dal 64,23% al 40%, attraverso un processo di Accelerate Book Building, come riportato dall’Economia del Corriere. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), guidato dal Ministro Giancarlo Giorgetti, ha messo in vendita il 20% delle azioni di MPS. Un consorzio composto da Credit Suisse (ora Ubs Europe), Bofa e Jefferies ha gestito l’operazione, che ha incontrato un notevole successo sul mercato. Le richieste di acquisto hanno superato di cinque volte l’offerta iniziale, portando il MEF a incrementare la quota in vendita al 25%, ottenendo nel contempo un vantaggio sul prezzo. Lo sconto massimo previsto del 6% si è fermato al 4,92%. Questo rapido e positivo sviluppo ha beneficiato innanzitutto le casse del governo italiano. Dopo aver partecipato all’aumento di capitale di MPS nel 2022 con oltre 1.600 milioni di euro, il governo ha incassato 920 milioni nella recente operazione, mantenendo una quota di appena inferiore al 40%.
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La vendita di azioni ha sottolineato la credibilità del governo italiano di fronte alla Banca centrale europea e alle istituzioni comunitarie, riducendo al contempo la percezione di MPS come una banca pubblica. L’amministratore delegato Luigi Lovaglio ha ottenuto ulteriore conferma della sua capacità, con un ampio interesse da parte di investitori potenziali. L’MPS stessa ha beneficiato dall’operazione, liberandosi della stretta del flottante in mano a pochi, aprendo le porte a investitori istituzionali e prospettive future più solide. Guardando al futuro, il governo italiano ha ora due opzioni: vendere ulteriori quote del suo 39,23% o contribuire alla creazione di un terzo polo bancario, in grado di competere con le due principali banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit. Nonostante le sfide del passato e l’ingente investimento pubblico necessario per salvare MPS, l’operazione di lunedì ha segnato una svolta positiva. La banca si appresta a chiudere l’anno con un utile netto superiore a 1,1 miliardi di euro, contribuendo così all’ordine del bilancio dello stato italiano. Infine, la sentenza attesa nei confronti degli ex amministratori di MPS, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, potrebbe influenzare il panorama legale e finanziario legato alle gestioni passate della banca.
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Il recente cambiamento nella partecipazione del governo italiano nel Monte dei Paschi di Siena (MPS) come riporta Affari&Finanza, ha però risonanze significative nell’arena politica ed economica. Mentre il governo, inizialmente orientato verso un credo autarchico, ha dovuto cedere alle regole del mercato, la vendita del 25% di MPS ha rappresentato un successo finanziario e politico. Il governo, spinto a coprire le falle nella legge di Bilancio, ha accettato gli investimenti di istituzioni finanziarie internazionali, incassando quasi un miliardo di euro. Nonostante le resistenze iniziali, la necessità immediata di risorse ha portato a un compromesso, dimostrando ancora una volta che “pecunia non olet.” Questo passaggio di proprietà, da una forte componente pubblica a investitori istituzionali, ha avuto risvolti positivi sulla percezione del Monte dei Paschi di Siena. La banca, precedentemente nelle mani di “family e friends,” beneficia ora di una base azionaria più ampia e istituzionale, proiettandola verso un futuro più stabile.
Il “caso MPS” è stato un regalo che la sinistra ha consegnato alla destra, evidenziando la necessità di evitare intrecci tra politica e banca. Sebbene la sinistra abbia contribuito al disastro del MPS attraverso politiche poco accorte, il cambio di rotta rappresenta un successo per il centro destra. La politica, che aveva versato miliardi nel tentativo di risollevare MPS, ha visto la sua mossa ribaltarsi a favore degli avversari politici. Tuttavia, la lezione da imparare potrebbe essere quella di mantenere la politica lontana dalle banche, specialmente in un periodo di tassi d’interesse elevati che favoriscono le istituzioni di credito. La vendita di MPS è stata motivata anche dal desiderio di placare l’Unione europea e di dare impulso al terzo polo bancario. Tuttavia, è fondamentale che il governo agisca con prudenza nelle future combinazioni bancarie per evitare gli errori del passato. Il successo attuale potrebbe essere temporaneo, e la politica dovrebbe astenersi dal muoversi eccessivamente, favorendo così il sistema bancario e, probabilmente, anche il governo stesso. In conclusione, il “caso MPS” rappresenta un capitolo significativo nella storia bancaria e politica italiana, evidenziando la necessità di un approccio più cauto e distante tra i due settori. La speranza è che questa lezione sia appresa, consentendo un futuro più stabile per il sistema bancario italiano.