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30 Dicembre 2023La Nota
di Massimo Franco
L’anno si chiude con nuovi lampi conflittuali tra la maggioranza di destra e la magistratura. E con l’annuncio di un’altra «riforma delle riforme» dopo il premierato proposto da Giorgia Meloni: la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Anche questa sarà affidata, secondo Forza Italia, a un referendum che dovrebbe seguire quello sull’elezione diretta del premier. È l’ennesima conferma che si ritiene impossibile una soluzione concordata con le opposizioni; e che si assisterà a un peggioramento dei rapporti tra potere politico e giudiziario.
Non sorprende che sia il fronte berlusconiano a parlarne esplicitamente: peraltro non è la prima volta. Si tratta di una delle bandiere del partito fondato da Silvio Berlusconi. E viene issata nella convinzione che alla fine l’intera maggioranza non potrà non accodarsi. D’altronde, segue le allusioni delle scorse settimane del ministro della Difesa Guido Crosetto, di FdI, a una parte della magistratura politicizzata e antigovernativa che si preparerebbe a colpire la coalizione. E coincide con l’inchiesta su Denis Verdini, ex coordinatore di FI, e sul figlio Tommaso, per alcune commesse dell’Anas, azienda che si occupa di infrastrutture stradali.
Il fatto che incroci la proposta di legge del deputato di Azione, Enrico Costa, considerata un «bavaglio» nei confronti dei massmedia ma legittimata come «linea del governo» dal Guardasigilli Carlo Nordio, acuisce la tensione. Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, sostiene che con quella legge «l’inchiesta sui Verdini sarebbe stata oscurata». Costa fa parte di uno schieramento che chiede invece a Matteo Salvini, leader della Lega e ministro delle Infrastrutture, competente sull’Anas, di fornire spiegazioni al Parlamento. Dunque, il tema divide le stesse opposizioni, perché Costa nega che Salvini debba riferire.
Ma è il contesto a preoccupare. La campagna per le Europee e il timore di inchieste giudiziarie rendono l’atmosfera più cupa di quanto già sia. E promettono di infittire una ragnatela di sospetti e accuse, destinata a rafforzare i settori più radicali della maggioranza e del fronte avversario, politico e giudiziario. Lo scontro di ieri tra Costa e M5S, Pd e Verdi-Sinistra racconta una spaccatura tra minoranze che si sovrappone a quella col governo di destra. Francesco Sisto, viceministro della Giustizia, avverte: FI garantirà che la separazione delle carriere si faccia «in questa legislatura».
Il suo capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri, attacca Santalucia e difende e «l’autonomia del Parlamento contro le invasioni di un potere giudiziario che si fa potere legislativo e esecutivo». Più cauto, il vicepremier Antonio Tajani, pure di FI, dice che sarà Salvini a decidere se parlare o no. Ma l’impressione sconfortante è che la giustizia sia destinata a rimanere un’arma elettorale tra e dentro gli schieramenti, e anche fuori; e a intossicare i rapporti politici oltre la data delle Europee.