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Questi scambi avvengono tra gennaio e febbraio del 2014: poco prima che Matteo Renzi, segretario del Pd, diventi premier (il 22 febbraio). Altri sono successivi. A marzo Carrai riferisce a Blengini di un incontro tra vertici Mps e fondi stranieri. A maggio Carrai chiede a Lorenzo Angeloni di Mediobanca “in assoluta camera caritaris”, l’elenco dei “soci Mps, anche sotto il 2%”. Angeloni gli fa presente che sono dati “non pubblici”, e “l’unica fonte attendibile è Bloomberg”. Carrai riceve da Angeloni una schermata “con i soci Mps” e la gira a Blengini. Il 21 ottobre è Blengini a scrivere a Carrai: “Bnp-Paribas starebbe rastrellando azioni della banca senese (…) in vista di una ricapitalizzazione. Ne sai qualcosa? Stanno valutando un appunto a M in tempi ristretti. Un tuo parere sarebbe come sempre illuminante!”. Il giorno dopo Carrai gli gira un sms di Alessandro Profumo. Interessarsi delle banche italiane fa parte del campo di attività dei servizi. Ciò che non è chiaro è perché l’Aisi si rapportasse con Carrai, consigliere di Matteo Renzi, ma privo di ruoli istituzionali e in rapporti con varie banche, dunque in possibile conflitto di interesse. Il delegato governativo ai rapporto con le agenzie di sicurezza era infatti Marco Minniti. E proprio l’aver (inizialmente) tenuto per sé la delega ai servizi sarà oggetto di una forte critica che Renzi rivolgerà al premier Conte.
Le barbe finte sembrano apprezzare le informazioni di Carrai: “Non sappiamo come sdebitarci”, gli scrive Blengini, che gli dà appuntamento “al solito posto”. Ma quando il flusso compie il percorso inverso sembra beneficiarne anche Carrai: Blengini gli fornisce ragguagli sugli acquirenti delle acciaierie di Piombino; un affare che sarà concluso dagli indiani di Jindal, clienti di Carrai che nel 2020 lo nomineranno vicepresidente degli ex stabilimenti Lucchini. Nell’agosto del 2016 è Renzi a sponsorizzare Blengini come vicedirettore dell’Aisi: “Ho comunicato ufficialmente che il nome è il suo. Punto. Il resto facciano loro”, scrive Renzi a Carrai. La nomina incontra resistenze (in un messaggio a Carrai Blengini definisce i suoi oppositori interni “i soliti mandarini”) e provoca un’interrogazione parlamentare: il funzionario non avrebbe avuto i titoli per la promozione, ma la norma viene cambiata in corsa.