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21 Febbraio 2024Zuppi: scegliere tra parrocchia e politica? È giusto, noi fuori dalle contese elettorali
Il caso
di Gian Guido Vecchi
La difesa dopo la lettera del vescovo che dà l’aut aut (anche) ai catechisti
CITTÀ DEL VATICANO «Cosa vuole che dica, non si fanno riunioni di partito in parrocchia, mi sembra una questione di buon senso…». Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, parla al Corriere e si mostra stupito dalla pletora di letture e interpretazioni seguite alla lettera dell’arcivescovo di Reggio Emilia in vista delle elezioni amministrative ed europee.
Monsignor Giacomo Morandi ha disposto che coloro che svolgono ministeri o hanno ruoli di responsabilità in parrocchia o nella diocesi — catechisti, lettori, accoliti e ministri straordinari dell’eucarestia — debbano «sospendere il proprio servizio» se intendono candidarsi, e che non sia possibile ospitare incontri elettorali nelle strutture ecclesiali. Ci sono vescovi che magari lo mettono per iscritto e altri che si limitano a raccomandarlo ma, insomma «a mio parere è quasi un atto dovuto, per non coinvolgere la comunità nelle contrapposizioni elettorali», considera il cardinale Zuppi: «La Chiesa in quanto tale non fa direttamente politica, non c’è né deve esserci nessun tipo di collateralismo, ma questo non contraddice in alcun modo il fatto che chieda a tutti di occuparsi degli altri, di impegnarsi in politica e di farla bene secondo i principi del magistero, e cioè pensando solo al bene comune».
C’è chi ha tirato in ballo perfino Pio IX e il «non expedit», come ha raccontato lo stesso arcivescovo Morandi. Nulla di più lontano dalla realtà: «Papa Francesco per primo ci ha indicato la necessità di una politica alta, è arrivato a parlare di amore politico», sorride il presidente della Cei. Qui, piuttosto, si tratta della campagna elettorale: «È chiaro che non si sostituisce il vecchio collateralismo con un altro collateralismo e le parrocchie debbano rimanere fuori dalla contesa delle elezioni ed essere prudenti, in questo, proprio perché non ci sia nessun sospetto di qualche appartenenza». Questo è il punto: «Se interveniamo su una questione non lo facciamo perché siamo a favore o contro questo o quel governo. La grande libertà della Chiesa è proprio questa e la difendiamo».
Monsignor Morandi, per parte sua, si è detto dispiaciuto che «una lettera riservata ai parroci sia stata strumentalizzata a fini impropri e polemici».
Altro che non expedit: «Il provvedimento esprime esattamente l’intenzione opposta, cioè che i cristiani che sentono la vocazione al servizio politico possano seguirla con pieno diritto, liberamente e responsabilmente, nella consapevolezza che sia il ministero ecclesiale sia l’impegno politico chiedono un coinvolgimento totalizzante di tempo e risorse, dunque è bene siano nettamente distinti».