Come arricchire una collezione? Alla vigilia della fiera dell’antiquariato kolossal a Maastricht, lo abbiamo chiesto ai direttori di tutto il mondo
di
Lara Crinò
Un nudo di Amedeo Modigliani su carta, datato 1910, che anticipa i suoi quadri più famosi; una tela di Vincent Van Gogh del 1884, Testa di contadina con la cuffia bianca, risalente al periodo in cui il pittore si trovava a Nuenen, dove dipinse anche i celebri Mangiatori di patate.
Sono due dei tanti capolavori – dall’archeologia al XX secolo – che dal 9 al 14 marzo saranno in mostra al Tefaf di Maastricht, la fiera d’arte e antiquariato più importante del mondo. Una sorta di fantasmagorico supermarket dell’antico e del moderno, dove 270 gallerie di 22 paesi diversi allestiscono nei loro stand – piccole opere di design estemporaneo, ciascuna in stile con gli oggetti proposti – il meglio del loro catalogo: dall’arte applicata alla pittura, dalla scultura ai libri miniati. Per qualche giorno nel padiglione fieristico della città olandese, famosa per il trattato sull’Unione europea, si affollano i collezionisti e le collezioniste di ogni parte del mondo, ma anche i curatori e i direttori dei principali musei che in fiera vanno in cerca di nuove opere per le loro istituzioni.
Un fenomeno, quello delle acquisizioni, che svela molto non solo della missione che nel XXI secolo ciascuna comunità affida ai suoi musei, ma anche dei cambiamenti del gusto e delle rappresentazioni che le società proiettano di se stesse nel passato e nel futuro. Si tratta di un ruolo che i musei, come racconta il massimo storico della materia Krzysztof Pomian nel monumentale Il museo. Una storia mondiale (Einaudi) ricoprono da secoli, e che oggi la contemporaneità costringe a rimodulare. I temi dell’inclusività, della diversity, della decolonizzazione su cui dibattiamo ogni giorno si esprimono anche, forse a sorpresa, nei discreti colloqui che fanno passare di mano in mano un prezioso busto romano o un ritratto rinascimentale. Il modo in cui ciò avviene mette in luce ciò che troviamo significativo della nostra civiltà, ciò a cui attribuiamo valore, e rivela le strategie dei colossi museali. Con parecchie differenze e una certezza, sintetizzabile nell’abusato motto cherchez la femme.
Dopo secoli di oblio, l’arte delle donne è in primo piano: non solo quella contemporanea ma quella del passato. Lo spiega bene Eike Schmidt, da pochi mesi alla guida del Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli dopo aver diretto gli Uffizi: « I musei europei, mediterranei e continentali tendono ad acquisire opere da aggiungere ai punti di forza delle loro collezioni. I musei d’oltreoceano lavorano in senso opposto, per costruire laddove nella collezione c’è una lacuna, per entrare in territori nuovi; i britannici sono a metà strada. In generale i musei anglosassoni sono, nel bene e nel male, più rapidi nel seguire le mode. Il caso più eclatante è la tendenza a comprare opere di donne artiste del passato. I musei europei hanno tiratofuori quello che avevano nei depositi; se comprano, lo fanno in base alle connessioni con la collezione. Di recente gli Uffizi hanno acquisito un’opera di Camilla Guerrieri che la rappresenta con Vittoria Della Rovere, sposa di un Medici».
Cosa si cerca in una fiera come Tefaf? Schimdt scherza dicendo che « ciò che si cerca non si trova mai » ma si deve essere pronti a cogliere l’occasione; nel caso di Capodimonte, « dovrebbe essere un’opera importante che aggiunge qualcosa, legata al territorio e alla nostra storia. In America si scrivono dei piani di acquisizione spesso non realistici. Se voglio un Caravaggio e un Vermeer è difficile che io li trovi, ma creo un’aspirazione e comprerò magari un Orazio, o meglio ancora un’Artemisia Gentileschi » . La corsa alle artiste è confermata anche da Davide Gasparotto, senior curator del dipartimento di pittura del Getty Museum di Los Angeles: «Una propensione accentuata è verso una maggiore diversity. Poiché le artiste note prima della Rivoluzione francese sono poche, c’è grande ricerca degli antiquari e grande richiesta dei musei, in particolare negli Usa. Noi da poco abbiamo acquisito un piccolo rame di Lavinia Fontana, tra le più importanti pittrici italiane del ’ 500. La volontà di esprimere diversity è anche nei soggetti. Ad esempio, con la National Portrait Gallery di Londra abbiamo acquistato il Ritratto di Omai di Joshua Reynolds, che raffigura un polinesiano: rimarrà a Londra fino al 2026 e dal 2026 al 2028 sarà da noi a Los Angeles » . Giungerà a Maastricht anche Roxana Velasquez , che dirige il San Diego Museum of Art: « Al Tefaf ci aspettiamo di vedere la migliore arte attualmente disponibile» scrive dagli Usa, confermando che il suo team ha lavorato per «aumentare i nostri punti di forza; stiamo anche cercando opportunità per colmare le lacune».
Susanne Anna, che dirige il Landeshauptstadt Düsseldorf Stadtmuseum, il più antico e ricco della città tedesca, sarà al Tefaf con il presidente dell’associazione degli amici del museo, Eckhard Kranz, a sottolineare come cambia anche il fundraising (dalle lotterie britanniche, alle fondazioni tedesche che comprano in vece dei musei e poi prestano loro le opere). Anna sottolinea l’approccio « partecipativo » del suo museo, in cui « associazioni, università, pubblico lavorano con noi a ogni progetto » . La richiesta di diversità viene dai visitatori e il team dei curatori l’ha in mente quando individua un pezzo da comprare, ma non solo: «Andiamo al Tefaf anche per studiare: che tipo di ritratti, di epoca barocca per esempio, sono sul mercato. Per noi è un’occasione di acquisto, ma anche di ricerca e ispirazione, per conoscere meglio le nostre stesse collezioni, per cosa valorizzare». Aspettando che si aprano ledanze del Tefaf, quindi, non resta che sognare. Inseguendo, magari, un profumo di donna.