Carlo Cottarelli
«Volendo usare un termine forte, chiamiamola discriminazione.
Ancora una volta il governo prende una misura che approfondisce la differenza tra il trattamento fiscale di lavoratori dipendenti e autonomi». Carlo Cottarelli, economista, direttore del programma di educazione per le Scienze economiche e sociali dell’università Cattolica, boccia la maxi-rateizzazione in dieci anni voluta dal governo.
Perché è contrario?
«Non solo l’allungamento dei tempi di pagamento, ma in generale il decreto sulla riscossione è figlio di un approccio che caratterizza tutta la riforma fiscale di questo governo: si rafforza la diversità tra il lavoratore dipendente e l’autonomo».
Come?
«Se il lavoratore autonomo si trova in difficoltà economica e non riesce a pagare è chiaro che il Fisco deve cercare di andargli incontro: in tutti i Paesi ci sono misure di questo genere, ma al lavoratore dipendente questa possibilità non viene data perché le tasse le ha già pagate, se l’è già viste trattenere in busta paga, anche se era in difficoltà economiche. Quindi, capisco la necessità di aiutare gli autonomi, ma non bisogna esagerare».
Qual è il vantaggio, in concreto?
«Gli ultimi due anni ci hanno dimostrato come l’alta inflazione può tornare da un momento all’altro. Se consideriamo che i pagamenti delle tasse dovutepossono arrivare anche a dieci anni è evidente che lo sconto per il contribuente sarà elevato perché il valore delle somme dovute oggi non è quello di dieci anni dopo».
Altro favore a chi non è in regola con il pagamento delle tasse: l’Agenzia delle Entrate getta la spugna sulle cartelle non riscosse entro cinque anni. È una rinuncia giustificabile?
«C’è sicuramente la necessità di evitare di accumulare crediti non riscossi per troppo tempo, ma rinunciare alla riscossione dopo cinque anni mi sembra prematuro, anche se questo avviene solo se non sono in corso procedure esecutive o concorsuali. Si passa da un eccesso a un altro: da cartelle che restavano nei libri contabili in eterno o quasi, si passa a un disimpegno in pochi anni».
Le cartelle tornano agli enti creditori, a iniziare dai Comuni. È uno scaricabarile?
«I Comuni possono andare avanticon le procedure di riscossione, ma se l’Agenzia delle Entrate fa mancare il suo sostegno è decisamente difficile, se non impossibile, incassare queste somme».
I Comuni si aggrappano alle multe non riscosse. Se la “caccia” non funziona, alla fine queste somme vengono cancellate dai bilanci. Non è un gran problema per le casse degli enti locali?
«È un problema che c’è sempre stato in caso di condoni, ma ora emergerà anche senza condoni. Fra l’altro le multe e gli altri tributi non riscossi hanno un impatto differente a seconda dell’area del Paese. In modo un po’ cinico si può dire che paradossalmente si colpisce il Nord perché tanto al Sud anche prima gli enti locali riscuotevano poco».
La premier Meloni insiste: «Il Fisco deve essere amico, non vessatorio». È d’accordo?
«Non c’è dubbio che alcuni eccessi,come sanzioni troppo elevate, andavano eliminati anche perché non funzionano più come deterrente. Ma ci sono altre misure che stupiscono, come il concordato preventivo biennale che congela le tasse per due anni con un accordo tra fisco e contribuente , a cui quest’ultimo aderirà solo se pensa di pagare meno del dovuto.
All’interno del governo, e anche del ministero dell’Economia, c’era chi la pensava in modo più prudente e infatti l’accesso inizialmente era riservato solo ai contribuenti con una pagella fiscale alta, poi è prevalso il parere opposto».
Il governo dice che ha raccolto l’indicazione del Parlamento.
«Mi sembra una spiegazione molto debole perchè questo è un Parlamento in cui la maggioranza prende ordini dal governo tanto è vero che ha obbedito all’ordine di non presentare emendamenti alla legge di bilancio. La direzione è chiara e anche contraddittoria».
Perché contraddittoria?
«Le stime inviate in Parlamento da questo governo dicono che dal 2017 al 2021 l’evasione si è ridotta di 23 miliardi, quella sull’Iva di quasi 18. Si stavano ottenendo dei risultati significativi, certificati anche dalla Commissione europea, ma poi si è deciso di cambiare strategia, con condoni e favori, sostenendo che tanto le cose non funzionavano.
Non è vero, è avvenuto l’esatto contrario: dal 2018 era in corso un forte recupero dell’evasione. Ora vedremo se durerà».