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2 Aprile 2024
Teheran: Israele pagherà
di Andrea Nicastro
Colpito il compound diplomatico a Damasco: morti sette pasdaran, tra cui un alto generale
Gerusalemme Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha impiegato tre giorni a mantenere la promessa. «Ovunque si nascondano li troveremo, incluso in zone molto lontane. Come a Damasco e oltre» aveva detto venerdì. Ieri un raid missilistico ha sbriciolato la sezione consolare dell’ambasciata iraniana a Damasco, la capitale siriana. Obbiettivo la catena di alleanze che lega l’Iran al movimento libanese Hezbollah.
Non importa se lo Stato ebraico non ammette la responsabilità. La sua mano è evidente. Dal 7 ottobre lo Stato ebraico è impegnato a Sud nell’invasione della Striscia di Gaza, ma contemporaneamente deve anche tamponare a Nord la guerra a bassa intensità che Hezbollah le ha scatenato contro dal territorio libanese. Scopo dichiarato di Hezbollah è impegnare parte delle forze armate israeliane per impedirgli di usare l’intera forza su Gaza. Razzi, granate da mortaio, niente di sofisticato, ma sufficiente a far sfollare circa 70 mila israeliani in zone lontane dalle esplosioni.
Per 5 mesi Israele ha risposto colpendo i lanciatori in Libano, le basi vicino al confine e anche in quel caso circa 80mila civili libanesi sono sfollati. Hezbollah non ha ancora impiegato i pezzi pregiati del suo arsenale. Si tratta di trentamila missili capaci, secondo gli esperti, di bucare la cupola di difesa israeliana di Iron Dome. Israele, invece, in queste ultime settimane ha alzato il livello dello scontro. Prima è andato a colpire basi Hezbollah lontane dal confine, sin nella Valle della Beqa’ o in aree del nord del Libano mai colpite neppure in altre guerre. Poi ha bombardato i valichi tra Iraq e Siria dove passano i convogli di armi che l’Iran invia agli alleati libanesi. Poi ha distrutto magazzini di armi Hezbollah in Iraq e Siria. Imponente l’esplosione all’aeroporto di Aleppo. Infine, ieri questo raid in un Paese non impegnato nel conflitto (la Siria) e contro un edificio diplomatico (per convenzione zona franca).
Il colpo è stato precisissimo e sembra aver avuto successo. La sezione consolare dell’ambasciata iraniana era chiusa tra due edifici, uno diplomatico iraniano e l’ambasciata canadese, a non più di dieci metri. Il consolato è stato perforato dall’ordigno e ha ucciso tutti i partecipanti alla riunione. Sbriciolata solo l’ala dove si svolgeva l’incontro. L’ambasciatore di Teheran e quello di Ottawa, a pochi metri, nei loro uffici, non hanno subito neppure un graffio. I due poliziotti che erano di guardia alla porta del consolato sono stati solo feriti. Per Israele si tratta di un successo sia militare sia di intelligence perché nel consolato doveva essere in corso un incontro tra vertici militari. Israele doveva avere sia l’orario sia l’ubicazione esatta. Per il momento le Guardie della Rivoluzione iraniana hanno ammesso la morte di sette loro membri, compreso il generale Ali Reza Zahedi, un uomo da sempre impegnato nella costruzione di forze alleate alla Rivoluzione degli Ayatollah in tutta la mezza luna sciita: Libano, Siria, Iraq, Bahrein e Yemen. Tra le vittime anche il vice di Reza Zahedi, il generale Mohammad Hadi Haj Rahimi con altri 5 pasdaran. Morti anche militari o funzionari di intelligence del governo siriano. Non sono ancora chiari numeri e identità.
L’ambasciatore iraniano sopravvissuto, Hossein Akbari, ha immediatamente puntato il dito contro Israele e ha promesso una vendetta «della stessa grandezza e durezza». Il ministero degli Esteri di Teheran ha emesso un comunicato chiedendo la condanna da parte di altri Paesi. Lo Stato ebraico si è limitato a segnalare di aver respinto un attacco con uno sciame di droni su una sua base sul Mar Rosso «condotto dagli Houthi yemeniti con consiglieri iraniani». La sfida tra Israele e Iran è latente da decenni. Per lo Stato ebraico la milizia libanese di Hezbollah così come gli Houthi dello Yemen o le milizie irachene sciite sono strumenti nelle mani degli ayatollah. In tutto il Medio Oriente solo l’Iran insiste nella retorica della «distruzione di Israele» e l’ideologia della resistenza all’occupazione sionista è un collante potente. L’Iran ha già subito colpi duri come questo. Primo fra tutti l’uccisione del generale Soleimani da parte di un drone americano nel 2020, ma non si è mai fatto trascinare in un’escalation preferendo rinforzare influenza e capacità militari.