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Paul Auster è stato uno scrittore di fantasmi. La sua morte certifica la scomparsa di un mondo, non solo letterario.
Paul Auster raccontava che il desiderio di diventare uno scrittore nacque in lui in un preciso giorno del 1955. Paul aveva otto anni ed era andato a una partita di baseball accompagnato dal padre. Nell’occasione ebbe la fortuna di incrociare Willie Mays, il suo eroe, uno dei giocatori più famosi dell’epoca. Paul gli chiese un autografo, Mays fu disponibile, ma a propria volta chiese una penna al suo giovane fan. Paul guardò suo padre speranzoso, quest’ultimo scrollò le spalle. Willie Mays sorrise. Niente penna a portata di mano, niente autografo. Ogni poetica per nascere ha tuttavia bisogno anche di qualcosa di più oscuro. Nel caso di Auster questo secondo episodio si consumò un po’ di tempo dopo. Paul aveva 14 anni. Stava facendo un’escursione durante un campo estivo. Un ragazzino, poco distante da lui, fu colpito da un fulmine e morì all’istante. Assenza e caso: ecco due elementi che dalle storie di Paul Auster non se ne andranno più. Ma prima che Auster diventi un cognome riconoscibile nel mondo letterario succederanno molte cose, le cose interessanti che succedevano quando (come diceva Morante) gli scrittori erano persone a cui stava a cuore tutto, tranne la letteratura. Dopo essersi laureato alla Columbia, Auster lasciò gli Stati Uniti. Si imbarcò come marinaio su una petroliera. Andò a vivere a Parigi con pochi soldi in tasca. Si sposò. Divorziò. Tornò negli Stati Uniti. Fece i mestieri più vari. Visse quasi in miseria. Tra i modi sperimentati per sbarcare il lunario ce ne furono di bizzarri quanto di fallimentari, come l’invenzione di un gioco di carte che Auster chiamò “Action baseball” e presentò con risultati disastrosi alla Fiera del Giocattolo di New York. La solitudine (L’invenzione della solitudine sarà del resto il titolo di un suo libro), ecco un altro ingrediente della sua poetica. L’esordio letterario arriverà nel 1984 con Squeeze Play, una detective story scritta con lo pseudonimo di Paul Benjamin dove una ex stella del baseball assume un detective per scoprire chi (e perché) sta cercando di ucciderlo. Ma il vero Paul Auster (perlomeno il Paul Auster che impareremo a conoscere, anche se vero, riferito soprattutto ai primi libri, è un aggettivo alla continua ricerca di sovversione) si rivela con la cosiddetta Trilogia di New York. Si tratta di tre storie (Città di vetro, Fantasmi, La stanza chiusa) uscite rispettivamente nel 1985, ’86, ’87 e riunite poi in un unico volume. Trovandomi a commentare a botta calda la scomparsa di Paul Auster (mi sono svegliato presto, ho letto la notizia, in casa mia dormono tutti, ho così pensato di dedicargli qualche riga approfittando del bellissimo silenzio che mi circonda ancora per pochi minuti) mi soffermerei sulla Trilogia. La carriera di Auster è stata piena di libri importanti e cambi di marcia, ma è a questa che sono rimasto più attaccato. Di fatto, quelle della Trilogia sono al tempo stesso storie di detective e storie di fantasmi. Investigatori privati che inseguono se stessi senza rendersene conto. Scrittori che si identificano in altre persone. Storie vere che scopriamo fittizie. C’è, dentro queste vicende, oltre al mistero, molta metaletteratura come si diceva all’epoca (stava tornando, seppur per un decennio, il postmoderno). Paul Auster ha vissuto di alterne fortune, e nel periodo in cui l’abbiamo meno frequentato abbiamo pensato che fosse soprattutto un letterato. In realtà al centro della Trilogia non c’è un giochino letterario, per quanto ben riuscito, ma una città, New York. Tutta la Trilogia è un canto alzato alla scomparsa (alla sua trasformazione in fantasma) di una New York che in tanti hanno amato moltissimo, la New York del Novecento, non ancora del tutto igienizzata, gentrificata, inavvicinabile per chi ci arrivava accompagnato solo dall’ossessione o dal desiderio. Eravamo tutti, forse, in procinto di trasformarci in dei fantasmi, da lì a poco avremmo deciso di trasferire una parte non secondaria della nostra esperienza in un luogo intangibile e inimmaginabile, il web. Qualche anno prima che succedesse, Auster ci raccontò le storie di questi esseri umani che si disfacevano e sparivano tra le stanze chiuse e i grattacieli di quella che, ancora per poco, sarebbe stata la città del secolo. Uno scrittore al confine tra due mondi, ecco forse chi è stato Paul Auster.
Nicola Lagioia
Nicola Lagioia è scrittore, sceneggiatore, conduttore radiofonico e direttore editoriale di Lucy. Il suo ultimo libro è La città dei vivi (Einaudi, 2020).