A che punto è la tregua ?
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Sinwar respinge qualsiasi ipotesi di accordo sul disarmo del Movimento islamico di resistenza e accusa: il testo presentato è stato manipolato rispetto alla proposta di Biden. E chiede garanzie sulla «cessazione totale della guerra»
Nessuna risposta, ancora, al piano di pace di Israele. Anzi Hamas, a quanto riferiscono l’emittente israeliana Kan tv e alcuni giornali sauditi, avrebbe respinto la proposta israeliana di un accordo per il rilascio degli ostaggi e l’attuazione di un cessate il fuoco. Si stanno leggendo, punto per punto, i documenti, ed è battaglia su ogni dettaglio: la proposta avanzata da Israele, trapela, è «fondamentalmente diversa» da quella presentata da Joe Biden, e «non garantisce nient’altro che un cessate il fuoco temporaneo». Secondo il giornale saudita, con sede a Londra, Asharq al-Awsat, l’organizzazione palestinese vuole garanzie chiare sulla fine della guerra a Gaza. In realtà Israele, rivelano le fonti del Movimento islamico di resistenza, «sta manipolando» l’accordo perché vogliono una «tregua temporanea per poi ricominciare la guerra», usando per questo formule «ambigue».
Il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha ribadito che un accordo non può essere basato che sulla «cessazione totale della guerra e sul completo ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza». È il punto cruciale: Benjamin Netanyahu, invece, ha sottolineato che non accetterà alcun accordo sugli ostaggi che gli impedisca di realizzare l’obiettivo di eliminare Hamas.
Si tratta, in una attesa che sembra spegnere di ora in ora le speranze di una svolta, mentre – sempre a Kan tv – un funzionario israeliano ha riferito che Israele non ha ancora avuto «una riposta formale» da parte di Hamas sulla proposta di tregua. Segnali frammentari, e tra loro contraddittori: i leader di Hamas, secondo autorevoli fonti egiziane, starebbero «studiando seriamente e positivamente la proposta di tregua» e una risposta è attesa «nei prossimi giorni». E il leader Sinwar fa sapere che «Hamas non consegnerà le armi, né firmerà una proposta che lo richieda».
Trattative in stallo con l’ultradestra israeliana che sembra fare di tutto per fermare ogni tentativo di accordo: Bezabel Smotrich, ministro delle Finanze, ha ribadito che si opporrà a una scambio di ostaggi israeliani con «terroristi». L’estrema destra, in caso di una intesa, minaccia di uscire dalla maggioranza e far cadere il governo. Ipotesi molto pericoloso per la stessa sopravvivenza politica dello stesso Netanyahu. In campo palestinese Hamas, con un accordo che non sia percepito come una vittoria, perderebbe consenso, finora premiati da una politica di contrapposizione frontale a tutto campo con Israele. Opposti estremismi che non creano certo un clima favorevole alla svolta negoziale. Intanto gli Usa hanno modificato la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu a sostegno del piano per il cessate il fuoco: nel testo ora si menziona esplicitamente Israele.
Questo mentre l’Amministrazione Usa, dopo che Netanyahu ha affermato di voler aprire una «guerra limitata» a nord con il Libano, ha avvertito che il nuovo fronte renderebbe probabile l’intervento dell’Iran, e anche la partecipazione di miliziani da Siria, Iraq e Yemen. Un buon motiva, secondo Washington, per rinunciare al progetto. Intanto sono almeno 40 i morti provocati dall’attacco aereo israeliano della notte scorsa contro una scuola dell’Unrwa che ospitava sfollati a Nuseirat, nella Striscia di Gaza centrale: secondo i militari israeliani l’edificio ospitava «tra i 20 e 30 terroristi» di Hamas. La scuola, ha raccontato un superstite ad al-Jazeera, è stata «avvolta da una cintura di fuoco». Un attacco «senza preavviso agli sfollati o all’Unrwa», ha scritto su X Philippe Lazzarini, capo dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. Sono intanto saliti a 36.654 i morti nella Striscia di Gaza, secondo la Sanità di Hamas, dal 7 ottobre, 83.309 i feriti. Si continua a combattere anche a Rafah, la città al confine meridionale della Striscia. L’esercito israeliano ha annunciato di aver eliminato «tre terroristi » che si erano avvicinati alla area di sicurezza nella zona di Rafah. Due di loro – ha spiegato un portavoce dell’esercito – sono stati «uccisi da un velivolo dell’esercito israeliano» mentre un altro «è stato eliminato dall’artiglieria». Sempre più ingestibile l’emergenza umanitaria: solo l’ospedale da campo di Rafah al-Mawasi è funzionante. « L’insicurezza e la chiusura del valico di Rafah compromettono la nostra capacità di far arrivare forniture e personale» dentro Gaza, ha scritto su X il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus.
Sempre ieri una inchiesta del New York Times rivela la condizione di detenzione dei palestinesi a Sde Teiman: otto ex detenuti hanno raccontato al quotidiano di essere stati presi a pugni e calci e picchiati con i manganelli all’interno della base israeliana nel sud del Paese dove vengono detenuti i palestinesi catturati nella Striscia di Gaza. Le autorità israeliane hanno concesso al New York Times una breve visita nella struttura. I detenuti ha riferito pure di pestaggi durante gli interrogatori, con conseguenti rottura di costole, umiliazioni. Tre detenuti hanno ricordato di aver ricevuto scosse elettriche mentre venivano interrogati: almeno 1.200 i civili palestinesi trattenuti nella struttura senza possibilità di far valere la loro causa davanti a un giudice per un massimo di 75 giorni.
Infine u riservista italo-israeliano, Rafael Kauders, è stato ucciso in un attacco di Hezbollah nel Nord di Israele. Tre palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania, mentre Israele ha smentito ci siano state operazioni militari degli Houthi contro delle navi ancorate nel porto israeliano di Haifa.