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ROMA – Il premier Mario Draghi, in conferenza stampa, ha rassicurato gli italiani: il Governo va avanti. E pure il M5S, assicurando che non gli è mai passato per la testa pensare ad una loro esclusione. E allora com’è nato il casino con Giuseppe Conte, presidente del M5S, che è salito addirittura al Quirinale per denunciare il ‘complotto’ per farlo fuori dal Movimento? Ricostruire è difficile ma non impossibile. Messi insieme alcuni dati alla fine è comunque possibile scorgere la possibile ‘manina’ che ha fatto scattare l’allarme e costretto Draghi a lasciare il vertice Nato per rientrare in fretta e furia a Palazzo Chigi per spegnere la rabbia di ‘Giuseppi’. Primo elemento: l’intervista del sociologo De Masi al Fatto di Travaglio, dove dice di aver saputo che il premier Draghi parlando con Grillo avrebbe chiesto al Garante di rimuovere Conte dalla guida del Movimento. Grillo in quelle ore è a Roma per incontrare i vertici del Movimento e decidere sul tema spinoso, anzi spinosissimo, della proroga per un tot di personalità allo stop dopo 2 mandati.
Grillo fa subito sapere che lo stop deve restare e sarebbe questo il motivo del casino scoppiato subito dopo. Tutti sanno che tra Grillo e Conte, lo dice anche il sociologo so tutto De Masi, i rapporti sono sempre rimasti tesi anche se ammantati da foto e riprese con pacche sulle spalle, abbracci e sorrisi. Grillo non sopporta Conte, lo considera un rappresentante della vecchia politica che niente ha a che spartire col Movimento. Allo stesso tempo tutti sanno che anche tra Conte e Draghi, che lo ha messo fuori da Palazzo Chigi, non scorre buon sangue, anzi. Di qui, narra qualche malelingua, la decisione di cogliere l’occasione del caos scatenato da De Masi lingua lunga per acchiappare due piccioni con una fava. Attaccare Draghi che si intromette e mettere sotto botta Grillo che con lui intrallazza. Grillo capita la mossa non proprio scaltra si è infuriato per essere stato messo in mezzo e se ne è tornato nella sua villa sul mare senza rimuovere, questo il punto, lo stop dopo i 2 mandati. Una norma che metterebbe fuori gioco dalle prossime elezioni politiche molti degli attuali big. Tra qualche giorno si saprà se il passo falso resterà senza conseguenze o se la saetta del Garante supremo fulminerà qualcuno. Pure il premier Draghi, bersagliato dalle domande dei giornalisti, sulla vicenda ha detto cose abbastanza gravi: “Non ho mai chiesto a Grillo di rimuovere Conte… ci sono dei messaggi? Io non li ritrovo, li facciano vedere… non ho sentito Grillo mentre ho sentito ieri Conte, e ci siamo scambiati un messaggio per risentirci domani. Io non ho mai fatto queste dichiarazioni, non ho mai pensato di entrare nelle dinamiche dei partiti, è una cosa che mi è estranea, non capisco perchè mi si voglia tirar dentro questa faccenda. Dicono che ci sono riscontri oggettivi? Beh vediamoli, li aspetto” ha detto Draghi.
Ecco, chi è che ha messo in mezzo Grillo e Draghi? Certamente chi o qualcuno che non ama nè Draghi nè Grillo. Alla fine è probabile che niente accadrà. Questi scossoni servono per mettere in evidenza il brand, che come si è visto anche alle ultime amministrative rischia di sparire. Avere le prime pagine di giornali che parlano del M5S pronto ad uscire dal Governo, a sostenerlo dall’esterno, può forse ringalluzzire qualche ‘grillino’ ma alla fine sono il segno evidente dello sbando in cui versa il M5S di Conte. Forse domani potrebbe spuntare fuori il ‘papa rosso’, la personalità esterna che potrebbe far da catalizzatore e caricarsi il compito di dare più consistenza e prospettiva politica al M5S insieme a tutti gli sparuti gruppi nati a sinistra del Pd. Fari puntati su Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, il più forte sindacato italiano, che venerdì 1 luglio alle 10 ha convocato per un confronto faccia a faccia tutti i leader dello schieramento progressista: Letta, Conte, Calenda, Schlein, Speranza, Rosato, Fratoianni e Acerbo.