Domani 25 agosto cadrà il settantesimo compleanno di Elvis Costello, per l’occasione ripercorriamo la carriera del musicista. Nato Declan MacManus a Londra, la sua famiglia ha origini irlandesi e una forte tradizione musicale. Al giovane Declan interessa più la musica che non gli studi. Si esibisce con il suo gruppo, i Flip City. Conosce Nick Lowe, all’epoca bassista dei Brinsley Schwarz, band che Declan guarda come un modello. Anche tramite Lowe imparerà ad amare la musica r’n’b, bianca e nera.

Si inserisce nel circuito pub rock, un genere tradizionalista ma non virtuoso, quasi amatoriale, nato come reazione alla pretenziosità e agli eccessi dell’epoca. Sciolti i Flip City, sarà proprio un entusiasta Nick Lowe a produrre l’esordio di colui che ora si fa chiamare DP Costello (che poi diverrà Elvis Costello), in onore della bisnonna del padre. Come backing band (anche se temporaneamente si chiameranno Attractions), vi sono i Clover (i cui membri più tardi formeranno Huey Lewis And The News).

L’album, My Aim Is True (1977), contiene un rock classico alla Randy Newman aggiornato all’era punk, con la voce di Costello che a volte quasi mastica le canzoni. Le liriche vanno dal politico al personale, sono piene di umorismo cinico che fa capolino anche nella romantica Alison, la storia di un amore non corrisposto. Testi che descrivono personaggi e situazioni, in cui il cantante, come lasciando cadere un invisibile coltello, fa comparire il dettaglio che rivela l’aspetto vergognoso, sarcastico, sozzo, umano nel senso peggiore del termine.

Il secondo lp, This Year’s Model, vede il reclutamento dei veri Attractions, tra cui spicca il tastierista dagli studi classici Steve Nieve. Il nuovo album è più duro, pastoso, maggiormente arrangiato. E’ fortemente ispirato ai Rolling Stones degli anni ’60, di cui riporta frammenti di canzoni, e soprattutto all’album Aftermath che, con brani come Stupid Girl e Under My Thumb, lanciava, per provocazione, odi alla sottomissione e allo sminuimento della donna. Il disco di Costello, in pieno spirito punk, fa la stessa cosa in maniera più estesa. Ma c’è da dire che l’artista, quando descrive la degradazione della donna, parla anche di quella dell’uomo. Nel suo immaginario sono gli uomini in generale, e lui in prima persona, ad abbruttirsi e divenire squallidi nei rapporti di coppia. Ciò si collega alle alte aspettative puntualmente deluse, in materia, nella sua vita reale.

Armed Forces (’79) è il disco che chiude la prima, quasi perfetta trilogia dell’artista e probabilmente il suo massimo successo sia in UK che negli USA. Lo stile è pop, con coretti anni ’60, armonie vocali stratificate, reminiscenze di Phil Spector e Brian Wilson. Squisitamente antimilitarista, usa metafore militari e riferimenti al nazismo, e ha i testi forse più crudeli di sempre.

Dopo un album più soul e festoso, ma non per questo meno implacabile (Get Happy!!), Costello tenta di aggiornare la sua musica abbracciando vari generi con l’album Trust (’81), in cui cerca di accedere a varie forme di espressione, mettendo insieme canzoni molto diverse l’una dall’altra. Nonostante il suo fascino pop, l’album vende meno dei precedenti e non ha  gran successo.  Per Imperial Bedroom, il musicista scomoda Geoff Emerick, tecnico del suono di alcuni dei migliori dischi dei Beatles. L’album, per quanto cominci con l’ombrosa Beyond Belief, vanta canzoni perlopiù dall’andamento gioioso, quasi psichedelico. Prodotto magnificamente, l’lp è beatlesiano fino al midollo. Le canzoni sono più introspettive, sempre piene di bile e amarezza ma con una maggiore autocomprensione. Ma nonostante le lodi della critica, l’album non riesce a vendere.

Dei seguenti quattro album di Costello, solo Punch The Clock (’83) che contiene una meravigliosa versione dell’antimilitarista Shipbuilding, scritta dal produttore Clive Langer e da Costello per Robert Wyatt contro la guerra delle Falkland nell’82, riesce a vendere bene. Gli altri, belli o brutti che si possano considerare, sono dei fallimenti commerciali. Costello si rende conto di non riuscire a competere con il synthpop e il new romantic, che detesta cordialmente.

Si prende allora un periodo di pausa, dopo aver sciolto gli Attractions. Quindi si fa aiutare nel songwriting da Paul McCartney e partorisce finalmente due album di successo, la cifra dei quali è l’autoindulgenza, in un estatico tentativo di scatenare di nuovo liberamente la sua creatività. In Spike gli arrangiamenti sono abbacinanti, stordenti, tra pop, funky, ballate acustiche e quant’altro, alla rinfusa, quasi come un White Album. Ancora più denso è il successivo Mighty Like A Rose (’91), più centrato sulla canzone romantica, dagli arrangiamenti estrosi e le melodie cantate dall’artista come stampate tra gli strumenti.

Dalla mutua frequentazione con il Brodsky Quartet, nome importante nell’ambito della musica da camera, nasce The Julie’s Letters. L’idea principale è che i testi siano immaginarie lettere scritte in risposta a Giulietta da un professore di Verona, ma la narrazione si allontana anche verso altri ambiti. Sia le liriche che la musica sono scritte democraticamente da Costello e il quartetto. Ne esce un album teatrale, onirico, un misto tra pop e classica, con tratti che ricordano Debussy, Brahms, Gershwin.

Costello si cimenterà in altre opere di musica ”colta” come la solenne North (2003), che pur virando verso jazz e blues, ha un’impostazione classica. Resusciterà anche la canzone di Broadway con un’acclamata collaborazione con Burt Bacharach, Painted From Memory (’98). Costello è insomma un musicista estremamente prolifico, che esplora il pop-rock del passato e ciò che vi era prima o durante, dal soul a Spector fino alla classica, per ricostruirlo, in un’opera che sembra poter continuare per l’eternità.