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di Massimo Gramellini
Aspettavo con ansia la prima dichiarazione politica del neoministro trumpiano con delega alle galassie Elon Musk. Eccola: «Olaf ist ein Narr». «Olaf è uno scemo». Scritta su X, il social di sua proprietà. Non si è preso nemmeno la briga di specificare che l’Olaf spernacchiato in tedesco era Scholz. E quando un utente gli ha chiesto se si riferisse proprio al cancelliere di Berlino, si è limitato a rispondere: «100%», con il corredo di un’emoji ridanciana. Per esprimere la sua opinione sul leader di un Paese alleato, Musk ha dunque fatto ricorso a sole quattro parole, tra cui un insulto. Poi, in un secondo momento più riflessivo, ha aggiunto un numeretto e una faccina.
Non dubito che l’uomo sia un «Super Genius», come lo ha definito Trump in ben undici lettere. Ma mettetevi nei panni di quelli della mia generazione, cresciuti con politici che per dare dello scemo a qualcuno impiegavano undici pagine, e poi non era mai un dargli dello scemo in modo diretto, ma un «non possiamo non prendere in considerazione l’ipotesi che il cancelliere non sia del tutto in grado di non affermare qualcosa di non sensato». Loro esageravano nell’altro senso, lo riconosco. Però il salto è troppo forte, anche perché non possiamo non prendere in considerazione l’ipotesi che tutti ormai si esprimano come Musk. E che presto le quattro parole diventino tre, poi due, poi una (l’insulto). Finché non sparirà anche quello e resterà solo la faccina: il geroglifico digitale del faraone Super Genius I.